di Antonio Civile, responsabile Informazione digitale RSI
Nei social media e nelle piazze si sono visti praticamente solo i contrari, ma il risultato delle urne sulle modifiche alla legge Covid-19 dimostra ancora una volta che la democrazia diretta svizzera è capace di smuovere una maggioranza silenziosa ma forte.
Chi ha seguito la campagna su questo secondo referendum lanciato contro la legge, si sarà accorto della crescente veemenza con la quale gli oppositori si sono manifestati in ogni singolo post riguardante la pandemia o la votazione. Toni molto spesso sopra le righe, tanto da rendere necessario un intervento di moderazione. Insieme ad accuse di manipolazione dei dati e dei fatti, a un variegato repertorio dedicato ai mass media venduti e ai giornalisti prezzolati da "Big Pharma", dal Nuovo ordine mondiale o dalle banche. E ancora oggi, si insiste sul "risultato truccato", in spregio ai valori della nostra democrazia diretta.
E poi le manifestazioni di piazza, quella fissa del giovedì sera a Berna, con anche qualche scontro con la polizia che presidiava Palazzo Federale, quelle più o meno regolari in varie città, anche in Ticino, a suon di campanacci e maschere portate come sfottò, attacchi alle autorità ree di limitare la libertà di espressione. Pur permettendo ogni manifestazione e comizio.
In molti si sono chiesti, compreso chi scrive, che fine avessero fatto quelli del "fronte del sì". Perché è tradizione che nella nostra democrazia i sostenitori e gli oppositori a un tema in votazione si confrontino dialetticamente, oltre che a colpi di volantini, manifesti e campagne di comunicazione digitale, fuori dai canonici confronti pubblici nei media.
Eppure si è mosso poco, pochissimo, a sostegno della legge Covid, il tema federale del 28 novembre senz’altro più discusso e controverso. Così, mentre i sondaggi continuavano ad annunciare che comunque una netta maggioranza di cittadini avrebbe votato "sì", dai social e dalle piazze tambureggiava insistente solo la voce dei contrari.
La maggioranza silenziosa ha fatto altro. Si è tenuta lontana dalle piazze, forse anche ritenendo poco furbo manifestare in piena pandemia, ma si è attivata alle urne. Risultato: i due terzi degli svizzeri sostengono il Consiglio federale, la quota di "sì" è cresciuta dal 60,2% di giugno al 62% di oggi. E pure molti Cantoni che nel primo referendum avevano sostenuto il "no", hanno cambiato posizione: di 8 ne sono rimasti 2, Svitto e Appenzello interno. E poi c’è anche quello che non ti aspetti: il 59,3% dei cittadini di Obvaldo – che in giugno aveva votato contro la legge Covid - si è spinto oltre ed ha deciso di scrivere anche nella legge cantonale il principio del vaccino obbligatorio in caso di catastrofi e altre situazioni speciali.
Che vi sia stata una mobilitazione inconsueta lo conferma il dato sulla partecipazione al voto che ha raggiunto il 65%: raramente accade in una domenica di votazioni federali, in giugno era stata del 59,6%.
Resta comunque il fatto che un terzo dei votanti ha bocciato il principio del certificato Covid e le norme legate al sostegno delle aziende e dei disoccupati contenute nella legge.
Un problema, nella spiegazione del tema, c’è sicuramente stato. Da parte dei contrari, che hanno puntato molto sull’obbligo vaccinale – che nulla c'entra con questa legge – e su una presunta perdita di valori democratici.
Ma anche da parte dei sostenitori, in testa il Consiglio federale che nelle ultime settimane ha di nuovo pasticciato proprio sul fronte della comunicazione sulla gestione della pandemia. Basti pensare al rimpallo di responsabilità fra Berna e i Cantoni.
Ci sono ora problemi urgenti da affrontare, a cominciare dalla ripresa dei contagi e dalla variante Omicron. Su questa scia, il consigliere federale Alain Berset domenica sera ha fatto un appello a far fronte comune.
Dopo il chiaro voto di oggi, una maggioranza non più tanto silenziosa ma credo anche una minoranza, si aspettano da Palazzo Federale una linea coerente.
Speciale votazioni
Democrazia diretta 28.11.2021, 12:45