Parlamento e popolo devono potersi esprimere sulla vendita di materiale bellico e le norme in tal senso devono essere ancorate alla Costituzione. È quanto richiede l'iniziativa di rettifica contro le esportazioni di armi verso paesi in guerra civile, lanciata martedì a Berna.
Il testo è stato esaminato dalla Cancelleria federale, che l'ha pubblicato sempre nel corso della giornata odierna sul Foglio federale. La raccolta delle firme può dunque iniziare e scadrà l'11 giugno 2020.
"Siamo fiduciosi che riusciremo a trovare in fretta le necessarie sottoscrizioni", ha detto Lewin Lempert, segretario del Gruppo per una Svizzera senza Esercito (GSsE). L'iniziativa, hanno spiegato i promotori davanti ai media, vuole impedire l'esportazione di armi in direzione di Stati che violano sistematicamente e in modo grave i diritti dell'uomo.
Dal 2014, su mandato del Parlamento, il Consiglio federale ha ammorbidito le norme in materia. Stando ai critici, questo allentamento è incompatibile con la tradizione umanitaria della Confederazione e ne mina la credibilità.
Attualmente, è l'Esecutivo a decidere la politica svizzera in materia. Negli scorsi mesi, l'annuncio del Governo di autorizzare, a determinate condizioni, le esportazioni verso i paesi in guerra civile al fine di rafforzare l'industria elvetica degli armamenti ha suscitato aspre critiche. A seguito di questa forte opposizione, questo progetto è stato abbandonato a fine ottobre.
ATS/M. Ang.