Il Controllo federale delle finanze si occuperà di verificare che il salvataggio di Credit Suisse da parte della Confederazione sia stato fatto correttamente. Lo hanno annunciato martedì pomeriggio i vertici dell'istituto, che nei prossimi mesi sarà particolarmente sotto pressione perché - in vista delle elezioni federali - dovrà anche occuparsi per la prima volta della trasparenza del finanziamento ai partiti.
La lista di chi vuole fare luce sulle dinamiche che hanno portato Credit Suisse nelle mani di UBS, dunque, si allunga con l'inchiesta annunciata dal Controllo federale delle finanze. "Esamineremo soprattutto l'area di competenza della Confederazione, ad esempio il prestito di oltre 100 miliardi e la garanzia contro le possibili perdite di 9 miliardi. L'obiettivo è quello di garantire che le disposizioni contrattuali vengano rispettate e che il denaro della Confederazione venga concesso secondo la legge. Il nostro controllo sarà minuzioso", spiega Pascal Stirnimann, direttore del Controllo federale delle finanze.
E ad essere valutato sarà anche il ruolo della FINMA. Un esame approfondito, che i vertici dell'istituto assicurano non intralcerà il lavoro dell'ormai quasi certa Commissione parlamentare d'inchiesta, che il Parlamento deciderà se istituire nelle prossime settimane.
"La Commissione parlamentare d'inchiesta e il Controllo federale delle finanze sono due organi autonomi. Vedremo quali saranno gli obiettivi della Commissione per non sovrapporci e fare due volte lo stesso lavoro. Questo è nell'interesse di tutti. Altrimenti non saremmo efficienti", dice Stirnimann.
Ma i nuovi compiti dell'istituto non finiscono qui. In vista delle federali di ottobre, infatti, a vegliare sulle nuove regole sulla trasparenza dei finanziamenti ai partiti, ci sarà proprio il Controllo federale delle finanze. Una sfida piena di insidie. "C'è sicuramente il rischio che le sovvenzioni superiori a 15mila franchi, quelle che dovrebbero essere rese pubbliche, vengano suddivise in sovvenzioni più piccole. Una persona che vuole versare 30mila franchi, ad esempio, potrebbe fare 3 donazioni da 10mila per camuffarne l'origine", sotttolinea Stirnimann.
Gli obiettivi sono quindi molto ambiziosi. Nei prossimi mesi si vedrà se i risultati saranno all'altezza.
Pascal Couchepin a tutto campo
Telegiornale 23.05.2023, 20:00
Il parere dell'ex consigliere federale Pascal Couchepin
E sul caso Credit Suisse si è espresso martedì anche l'ex consigliere federale Pascal Couchepin, ospite martedì sera a Massagno alla presentazione del nuovo libro di Moreno Bernasconi. Couchepin - lo ricordiamo - era presidente della Confederazione quando nel 2008 UBS fu salvata dallo Stato. La domanda è: la crisi di Credit Suisse è stata gestita bene?
"Bisognerà aspettare per capire se sia stata gestita bene - dice Couchepin -. Penso e spero che sia il caso. Quello che so è che dopo le decisioni prese nel 2008 UBS si è ristabilita, la Confederazione ha guadagnato diversi miliardi e anche la Banca Nazionale, quindi aspettiamo per Credit Suisse. Dal canto mio ho avuto sentimenti di amicizia verso chi ha affrontato questa crisi e preso decisioni rischiose e difficili. Non credo che ci fossero altre soluzioni possibili".
Si va verso una Commissione parlamentare d'inchiesta, è giusto secondo lei?
"Credo che alla fine sia giusto. Per settimane ho esitato ma le cause che hanno portato alla débâcle di Credit Suisse sono tutt'altro che recenti. Allora bisogna domandarsi se i responsabili abbiano agito in modo intelligente. Certo, si tratta di un affare privato, ma lo Stato ha corso dei rischi. Dunque i cittadini hanno il diritto di sapere".
Il Consiglio federale ha fatto ricorso al diritto di urgenza, si giustificano queste misure?
"Sì, il sistema svizzero è molto complicato e lento, si danno molti diritti ai cittadini e possono fare ricorsi. Non è adatto alle situazioni catastrofiche, dove bisogna reagire tempestivamente. Per questo è giusto che nella Costituzione ci sia un articolo che dia competenze straordinarie al Governo in caso di rischi imminenti nell'interesse di tutto il Paese. Certo non deve essere usato spesso. Bisogna che sia davvero l'eccezione . E anche in questo la Commissione d'inchiesta potrà dire se il Consiglio federale abbia agito in modo efficace".
Le pressioni dall'esterno
Le pressioni esterne sulla Svizzera aumentano. Lo abbiamo visto con Credit Suisse e anche per come ci posizioniamo rispetto al conflitto in Ucraina. La neutralità, le sanzioni, le norme sulla riesportazione di armi... Secondo lei che cosa dovrebbe fare la Svizzera?
"La neutralità negli anni ha attraversato diverse situazioni e conosciuto diverse evoluzioni. Possiamo dire che vogliamo restare neutrali! Ma la definizione non deve essere troppo rigida. Altrimenti si rischia di trovarsi in difficoltà a livello politico e forse anche militare. Quindi: io dico no a un articolo costituzionale sulla neutralità perché l'attuale Costituzione in materia è già sufficiente. Credo però che il Governo debba prendere delle decisioni in base alla circostanze. Nelle attuali circostanze del conflitto in Ucraina sono sorpreso che un Paese come la Germania non possa riesportare le armi svizzere. D'altronde... lo ha deciso il Parlamento! La soluzione ideale a mio avviso sarebbe che dopo due o tre anni chi acquista armi possa farne quello che vuole, purché non le fornisca a Paesi che non rispettano le condizioni democratiche".