"In questi due mesi abbiamo raggiunto l'obbiettivo di appiattire la curva epidemica, per garantire sufficienti capacità negli ospedali, soprattutto per curare le persone più vulnerabili (malati cronici, anziani)... adesso sentiamo che la popolazione vuole ritornare alla normalità... il Consiglio Federale sta cercando di arrivare il più presto possibile a quella che potremmo chiamare una nuova normalità, ma senza mettere in pericolo le misure di contenimento dell'epidemia. Perché il virus non è morto, continua a essere tra noi". Così il capo del Dipartimento federale degli affari esteri Ignazio Cassis, ospite del Telegiornale RSI, sulla strategia del Governo contro il coronavirus, per far ripartire la Svizzera.
Tre tappe per ritrovare una certa normalità
"Come abbiamo chiuso progressivamente la società, così altrettanto progressivamente dovremo riaprirla - ha spiegato il consigliere federale -. Una prima tappa è prevista per il 27 aprile con qualche timida apertura, una seconda più consistente per l'11 di maggio, e una terza per l'8 giugno. Queste tre tappe sono lì ad indicare qual'è la strada da compiere. E la distanza tra una tappa e l'altra è finalizzata a permetterci di sviluppare tutti gli strumenti di cui abbiamo bisogno per monitorare con grande attenzione la situazione e, nell'eventualità di un nuovo focolaio e di nuovi casi, di essere in grado di intervenire subito. In modo che non ci sia una seconda curva epidemica, cosa che dobbiamo assolutamente evitare. Le scuole, come i posti di lavoro, i musei, il tempo libero... tutto questo rientra in questa progressione graduale che dovrebbe portarci, per la fine di giugno, a ritrovare una certa normalità".
Anche il Ticino seguirà le stesse regole
“Questa crisi è unica - ha sottolineato Cassis -. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale non c'è mai stata una crisi così importante né in Svizzera né sul piano mondiale. Questa crisi ha obbligato il Consiglio federale, sulla base del diritto dell’urgenza, a decidere tante cose, ad avere molto più potere di quello che normalmente ha, e quindi anche più potere sul funzionamento dei cantoni, proprio per evitare che ci sia una risposta scoordinata a un pericolo che mette in discussione la nostra sicurezza. In questo senso, con il Ticino, c'è stata una grossa comprensione perché, per motivi geografici, è stato raggiunto più facilmente da questa ondata epidemica che ha colpito il Nord Italia. Evidentemente la geografia, in questo caso, ha messo il Ticino in una situazione speciale che è stata riconosciuta. Con un dialogo costante e quotidiano, anche tra me e il presidente del Governo Cantonale, abbiamo potuto, passo per passo, trovare soluzioni adeguate. E’ comunque chiaro che, adesso, nella fase di rientro della crisi anche il Canton Ticino seguirà le stesse regole di tutti gli altri cantoni svizzeri”.
Dovremo chiamarla normalità 2.0
Dopo questa crisi, ha spiegato Cassis, la nostra vita non sarà più la stessa. "Non sarà la normalità che conoscevamo prima. Non dimentichiamo che siamo in una recessione mondiale, che abbiamo aumentato il debito pubblico in 4 settimane da 100 a 160 miliardi di franchi. Più presto usciamo da questa crisi e meno grosse saranno le perdite. Ogni giorno perdiamo mezzo miliardo di franchi. Questi sono soldi della popolazione. Sono soldi che le nuove generazioni dovranno riportare nelle casse dello Stato per poter affrontare fra 30 anni una simile evenienza. Quindi saremo felici di poter riuscire a ritrovare per ognuno un posto di lavoro e per ognuno un reddito adeguato. Sul piano mondiale ci sarà indubbiamente più povertà. Paesi fragili, che già sono in bilico, finiranno in una situazione importante di povertà, ma anche Paesi molto sviluppati (gli Stati Uniti, il continente europeo) si troveranno in una situazione dove non si avrà più lo stesso benessere che abbiamo conosciuto fino a fine gennaio. Più si riesce a ridurre la perdita, più facile sarà ritrovare la strada, ma di sicuro dovremo chiamarla “normalità 2.0”.