Svizzera

Clima, la Svizzera ci prova

Intervista al presidente della Confederazione Alain Berset sulle speranze legate alla Conferenza dell’ONU apertasi a Katowice

  • 3 dicembre 2018, 22:38
  • Ieri, 23:36
02:51

RG 18.30 del 03.12.18: l'intervista al presidente Alain Berset di Pierre Ograbek

RSI Info 03.12.2018, 22:29

  • Keystone
Di: Pierre Ograbek 

La Conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici si è aperta ufficialmente lunedì a Katowice, in Polonia. Nelle prossime due settimane si deciderà in che modo intervenire per contenere il surriscaldamento globale del pianeta. A rappresentare la Svizzera c’è il presidente della Confederazione Alain Berset. Uno tra i pochi capi di Stato e di Governo presenti all’avvio dei lavori della COP24 che dovrebbe definire concretamente come raggiungere gli obiettivi definiti a Parigi nel 2015.

Presidente, qui a Katowice ha annunciato lo stanziamento da parte della Confederazione di 120 milioni di dollari supplementari. A cosa serviranno?

Questi 120 milioni vanno ad aggiungersi a quanto già facciamo (all’altezza di 340 milioni). Sosterranno innanzitutto dei progetti molto interessanti, in ambito multilaterale, per contenere i rischi ed accompagnare i paesi in via di sviluppo che sono toccati dalle catastrofi climatiche. E poi ci sono dei progetti bilaterali di adattamento e di mitigazione (per ridurre le emissioni ed adattare i paesi più toccati, per far fronte a questa evoluzione).

Qui non si respira aria di ottimismo. Ha avuto la stessa impressione?

Ma prima bisogna battersi. Durerà due settimane. È una conferenza estremamente importante. Bisogna ammettere che dal momento in cui il problema è stato riconosciuto (negli anni '90) si sono fatti dei passi avanti, anche se ci è voluto del tempo. L’Accordo di Parigi del 2015 è stato un momento molto importante. Per la prima volta ci sono stati degli obiettivi vincolanti. Oggi bisogna dire come realizzarli. Un lavoro da formica, molto complesso, con molti dettagli. Ma bisogna avere fiducia.

La Svizzera qui sostiene l’introduzione di regole chiare e solide, per monitorare le emissioni nocive. È realistico promuoverle adesso, di fronte a delle divisioni così importanti tra i vari paesi implicati?

Noi ce lo auguriamo davvero. Ci sono degli obiettivi vincolanti, ma ora ci vuole soprattutto trasparenza. Finché non ce ne sarà, e se non ci sarà un monitoraggio su quanto realizzato e quanto no… non potremo progredire molto. Questo sforzo deve essere definito qui, noi ci impegniamo al massimo. Bisogna essere coscienti che sarà difficile, ma ci vuole ottimismo sul fatto che sia possibile raggiungere un buon risultato.

Concretamente però gli Stati Uniti del presidente Trump si sono tirati indietro, l’Unione europea è profondamente divisa… Pare essere una missione praticamente impossibile.

Senza gli Stati Uniti… beh, per il momento sono presenti. Mi ha colpito molto, dopo l’annuncio del ritiro di Washington dall’Accordo di Parigi, che ci sia stata una grande presa di coscienza. Tutti i più grandi Stati degli USA hanno detto: aspettate, noi vogliamo rispettare queste esigenze, ci impegneremo per farlo. Quindi non c’è unità di vedute. Poi c’è la questione dei paesi europei, di quelli africani… non è mai stato un processo semplice. Ma non sarei sorpreso se fra due settimane dovessimo dirci: guarda, il risultato è forse migliore rispetto a quanto temevamo all’inizio. In ogni caso me lo auguro.

Per il momento lei non vede all’orizzonte un qualche tipo di compromesso possibile, da raggiungere qui a Katowice?

È molto presto, siamo solo all’inizio dei lavori, durerà due settimane. Le persone con cui ho parlato mi hanno detto che intravvedono delle possibilità. In questa prima settimana ci si deve prima mettere d’accordo sul fatto che ci vuole un buon risultato finale. C’è stato un grande lavoro preparatorio, con alcuni esiti positivi. Bisogna approfittarne. Credo sia innanzitutto una questione di impegno e di volontà.

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