La nostra politica monetaria non si tocca. Il ministro delle finanze Ueli Maurer risponde così agli Stati Uniti, dopo che il Dipartimento del Tesoro ha confermato la Svizzera in una lista di paesi potenzialmente “manipolatori di valuta”, insieme a Cina, Giappone, Taiwan, Corea del Sud e Germania. Il nostro corrispondente Emiliano Bos lo ha incontrato a margine degli incontri annuali del Fondo Monetario internazionale e della Banca Mondiale a Washington.
Nuova amministrazione, vecchi problemi. Con Obama la Svizzera era già stato inserita in questa lista. E ora di nuovo, vengono criticati gli interventi della BNS sul tasso di cambio franco-euro.
Innanzitutto non è un problema del franco forte, ma dell’euro debole. E questo va spiegato direttamente all’amministrazione americana. Penso che abbiano capito la posizione particolare della Svizzera, diversa dagli altri paesi che fanno parte di questa lista. Ho ricevuto segnali che siamo più o meno d’accordo su questo, ma il nostro problema è che l’attuale governo degli Stati Uniti non è ancora completo in tutte le posizioni, quindi è necessario proseguire contatti.
La Svizzera è tenuta d’occhio dagli Stati Uniti, perché soddisfa 2 dei 3 criteri americani per essere considerata un paese “manipolatore di valuta”. Rimanere su questa lista potrebbe danneggiare le relazioni economiche bilaterali, che al momento sono molto solide?
Abbiamo sempre timore di queste liste, che non servono a nulla. E noi siamo sempre su qualche lista. Ci sono dei problemi e servono soluzioni. La nostra situazione è chiara: siamo neutrali, molto forti sul piano finanziario e abbiamo un’economia diversificata. E quindi abbiamo buoni ragioni per spiegare la nostra posizione.
Immagino che in questi giorni lei lo abbia spiegato ai funzionari americani. Qual è la sua impressione dopo questi primi incontri? Che cosa è cambiato con l’arrivo dell’amministrazione Trump?
Dopo l’amministrazione Obama, c’è stato un cambio da un governo progressista a uno conservatore, forse un po’ di estrema destra, molto conservatore e vicino agli interessi economici. Ma la Svizzera può vivere con questa nuova posizione e forse possiamo trarre delle opportunità. Il cambiamento è di ampia portata, la situazione è un po’ tesa negli Stati Uniti, in Europa e nel resto del mondo.
Queste tensioni in prospettiva rischiano di durare ancora. Basta guardare al voto in Francia. Probabilmente il franco si manterrà su questi valori. Il Segretario del tesoro americano – proprio in queste ore - ha invitato a non abusare delle politiche monetarie. La Svizzera intende in qualche modo cambiare la sua politica monetaria?
No. Dobbiamo difendere gli interessi della Svizzera e – se serve - dobbiamo spiegarlo agli Stati Uniti, all’Unione Europea e agli altri. Non è semplice, perché il nostro è un paese piccolo ma forte sul piano finanziario. E penso che più o meno lo si possa capire.
Gli Stati Uniti criticano le scelte monetarie altrui – tra cui anche quella della Svizzera – ma poi praticano a loro volte politiche protezionistiche, contrariamente a quanto auspicato qui a Washington in questi giorni dal Fondo monetario internazionale. Lei è preoccupato per le minacce di dazi doganali e il ritiro da trattati di libero scambio che vuole l’amministrazione Trump? Questo è pericoloso per la Svizzera?
Si, questo è pericoloso per la Svizzera e per le nostre esportazioni. Servono soluzioni. Ma vedremo comunque quello che si deciderà, e che per ora non è ancora stato definito. Potremmo forse vedere le frontiere più chiuse, con ripercussioni per tutti i paesi che sono forti esportatori.
Emiliano Bos
Dal TG12.30: