Diversi grossisti hanno esportato mascherine all’estero, conseguendo lauti guadagni, proprio quando gli ospedali e le case per anziani in Svizzera avevano urgente bisogno di materiale protettivo contro il coronavirus. Lo scrivono SonntagsZeitung e Le Matin Dimanche, che si basano su dati dell’Amministrazione federale delle dogane. In marzo, negli stessi momenti in cui l’Ufficio federale della sanità pubblica invitava le persone che avevano molte mascherine a donarle a nosocomi e istituti, uscivano dalla frontiera tonnellate di articoli dello stesso tipo: per la precisione prodotti di categoria FFP2 e FFP3, quelli cioè dotati di filtri e specificatamente pensati per un uso professionale, in special modo del personale sanitario.
Concretamente, stando alle ricerche dei domenicali, l’export di mascherine si è attestato nel primo trimestre a 25 tonnellate, un dato immensamente superiore ai 13 chilogrammi (kg, non tonnellate) dello stesso periodo del 2019. La metà è finita in Cina, 6 tonnellate a Hong Kong e quasi 2 in Germania. I prezzi? In media 205 franchi al chilo (contro i 20 di gennaio), oltre il doppio che per le importazioni del medesimo prodotto.
Come è stato possibile? “In ultima analisi si tratta di soldi e di fare affari”, spiega sulla SonntagsZeitung Enea Martinelli, vicepresidente da Pharmasuisse, la società svizzera dei farmacisti. “Alcuni intermediari hanno acquistato tali articoli su larga scala, spesso prima dello scoppio della pandemia, per poi vendere al miglior offerente”. Lo stesso Martinelli, farmacista capo presso gli ospedali di Frutigen, Meiringen e Interlaken (tutti nel canton Berna) si è trovato in difficoltà: “Ho dovuto cercare mascherine in Turchia o in Tunisia, perché qui scarseggiavano”.
Aumentato l'export di mascherina in piena crisi covid
Telegiornale 26.04.2020, 22:00