L’accordo di libero scambio bilaterale tra Svizzera e Cina è in vigore dal 1° luglio 2014. In autunno partiranno i negoziati per aggiornalo, come comunicato venerdì dal Consiglio federale.
In questo decennio le esportazioni svizzere di beni verso la Cina sono passate da 8,8 miliardi a 15,4 miliardi di franchi, con un aumento del 74,2%. E c’è ancora potenziale di crescita, come assicura il consigliere federale Guy Parmelin, responsabile del Dipartimento federale dell’economia, intervistato dalla RSI a Lugano a margine dell’inaugurazione del nuovo supercomputer al Centro svizzero di calcolo scientifico.
“C’è tutta una serie di prodotti industriali che esportiamo in Cina e che attualmente non beneficiano, o beneficiano solo in parte, della riduzione dei dazi doganali. Ed è proprio questo per questo che cerchiamo di negoziare un miglioramento dell’accesso al mercato in diversi settori, che potrebbe rendere ancora più facile l’esportazione e quindi anche il mantenimento di posti di lavoro altamente qualificati in Svizzera”.
È ancora attuale questa politica? Ci sono Paesi che vogliono staccarsi dal mercato cinese per non essere dipendenti. Non è rischioso?
“In realtà mi sono fatto consegnare un rendiconto su tutto ciò che hanno fatto gli altri Paesi dal 1° gennaio al 31 agosto e tutti hanno concluso accordi in materia scientifica, di sviluppo economico. Pubblicamente dicono che si sta facendo un passo indietro, in realtà la cooperazione continua a svilupparsi. È chiaro che come tutti i rapporti di cooperazione ci sono delle insidie, e la Svizzera come altri Paesi fa attenzione”.
Insidie come il rispetto dei diritti umani. Perché nell’accordo aggiornato non si vogliono includere regole vincolanti: gli interessi commerciali prevalgono sempre?
“No, non stiamo trascurando questo aspetto. Attualmente siamo l’unico Paese che può condurre un dialogo strutturato con la Cina e abbiamo incluso nel mandato anche discussioni per migliorare l’aspetto della sostenibilità e del lavoro forzato. Se non sbaglio, due anni fa la Cina ha firmato due convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro. Ciò significa che si è impegnata a sottoporsi al pannello di controllo. Vedremo cosa si può fare. È sempre meglio fare piccoli passi che non avere nessun contatto e nessuna influenza, e questa è la strategia che la Svizzera intende seguire. Durante i negoziati, cercheremo di ottenere il massimo possibile. Al momento opportuno faremo poi un bilancio di quanto siamo riusciti a fare”.
Guy Parmelin in visita in Cina
Telegiornale 02.07.2024, 20:00