Svizzera

"Fondamentale mantenere un dialogo con l'aggressore"

Il consigliere federale Ignazio Cassis, a quasi un anno dall'invasione russa dell'Ucraina: "La soluzione non potrà essere che diplomatica" - L'intervista

  • 22 febbraio 2023, 21:07
  • 20 novembre, 11:53
04:45

L'intervista a Ignazio Cassis

Telegiornale 22.02.2023, 20:00

  • archivio Keystone
Di: TG/RedMM 

Il Consigliere federale Ignazio Cassis è stato intervistato oggi (mercoledì) a Berna dalla RSI, a quasi un anno dalla guerra in Ucraina. Gli è stato chiesto come ha gestito e come ha vissuto questo conflitto, tra preoccupazioni, neutralità e sforzi diplomatici.

Signor consigliere federale Ignazio Cassis, lei è stato a Kiev in questo anno di guerra. Quale è l'immagine simbolo che non scorderà mai?

"L'immagine che ancora oggi è forte nella mia mente è quella delle colonne chilometriche di carri armati dirette su Kiev. Colonne che non ho visto dal vero, ho visto in televisione, ma che non avrei mai potuto immaginare. Dal vivo ho visto le conseguenze provocate da questi carri armati, ho visto tanta gente soffrire, ho visto palazzi distrutti, ho visto donne disperate. Ho visto quelle che sono, purtroppo, le conseguenza della guerra".

Chi ha invaso chi, lo sappiamo. Però se anche oggi sentiamo i discorsi di Vladimir Putin da una parte e quelli di Volodymyr Zelensky e Joe Biden dall'altra, si parla solo di armi, di riarmo, di guerra. La parola "pace" sembra non esserci più; non la preoccupa questo?

"Mi preoccupa molto. La mia generazione è nata nel dopoguerra, con alle spalle una Seconda guerra mondiale devastatrice e ci siamo illusi che nel mondo nuovo, a partire dagli anni '60, la parola "guerra" su questo continente sarebbe scomparsa. Invece è di nuovo attuale con una tragicità che non potevamo neanche immaginarci. Comunque la guerra è presente nel mondo, in Africa, in Asia, però noi c'eravamo illusi che ne saremmo stati immuni per sempre e questa è la grande delusione. Attualmente l'Europa è in una profonda crisi di architettura di sicurezza".

Intanto in Svizzera si è riacceso il dibattito sulla neutralità. Un eventuale allentamento sulla riesportazioni di armi - il Parlamento ne sta discutendo in modo piuttosto intenso - violerebbe questa neutralità?

"Il Consiglio federale è dell'opinione che la neutralità è e resta, perché non è la prima guerra che la Svizzera vive in 200 anni. Ne abbiamo viste tante. Si è sempre a disagio con la neutralità quando c'è una guerra, però è quella che ci ha permesso di specializzarci in altre attività. Penso ad esempio alla tradizione umanitaria, penso alle nostre capacità diplomatiche e penso anche a questo processo di ricostruzione che abbiamo lanciato proprio a Lugano".

Quindi indipendentemente dalla soluzione che eventualmente uscirà dal Parlamento, il Consiglio federale non cambierà opinione sulla riesportazione?

"Il Consiglio federale propone, il Parlamento dispone. Se il Parlamento modifica una legge, il Consiglio federale evidentemente utilizzerà la legge del Parlamento".

Lei per l'Ucraina ha fatto molto: il collegamento a Piazza federale con Zelensky, la conferenza per la ricostruzione per l'Ucraina a Lugano, una visita lampo a Kiev. Con la Russia non ha mai cercato il dialogo?

"Sì, l'ho anche fatto. Forse si ricorderà delle critiche che ho ricevuto a New York in settembre quando ho avuto un dialogo con il ministro degli affari esteri russo Sergei Lavrov proprio su questi elementi diplomatici che sono parte della nostra tradizione. Questo fa capire quanto sia difficile, in un momento in cui moralmente siamo portati a sostenere l'aggredito, mantenere un dialogo aperto con l'aggressore. Eppure questo è fondamentale perché alla fine la soluzione non potrà essere che diplomatica".

Oggi il Governo ha presentato un nuovo pacchetto di aiuti per l'Ucraina di 140 milioni. 140 milioni non sono pochi, ma la Svizzera sta facendo abbastanza oppure qui un po' di autocritica la può fare?

"La Svizzera sta facendo abbastanza, non c'è nessuna necessità di arrossire quando sono all'estero, anzi, riceviamo molti ringraziamenti. Stiamo facendo tanto sul piano dell'assistenza umanitaria, si può misurare in soldi, in tonnellate di materiale. Ma stiamo facendo tanto anche sul piano immateriale, penso all'attività diplomatica che tende a favorire lo scambio di prigionieri, lo sminamento umanitario. Ma stiamo anche lavorando sulla ricostruzione e tutto questo ha un valore, non sono solo i soldi che contano".

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