I ricercatori dell'ospedale universitario di Basilea hanno studiato la catena di trasmissione del virus nella prima ondata, che ha colpito la città tra marzo e aprile, e hanno utilizzato i 750 tamponi risultati positivi analizzando il genoma del virus. Grazie a questi risultati sarà possibile pianificare con maggiore precisione ed efficacia l'impiego dei vaccini.
"Questo ci ha permesso di capire quali persone hanno contribuito in maniera maggiore alla diffusione. Essenzialmente sono due gruppi colpiti: da un canto i giovani che si muovono molto e dall'altra gli anziani. Questo indica che i contagi si concentrano all'interno di determinati gruppi socioeconomici", spiega il professor Adrian Egli, a capo del gruppo di ricerca batteriologico e micologico del dipartimento di Biomedicina.
Due gruppi molto diversi, sono stati quindi i motori della trasmissione. Una costatazione che può essere determinante per proteggere gli uni, più a rischio, ed evitare che gli altri diffondano il virus, forse incoscientemente, perché asintomatici. Di questi, i ricercatori hanno ricostruito l'identikit: "Sono persone che lavorano nei servizi, spesso in funzioni a reddito basso, come nelle strutture sanitarie, nei ristoranti o nei negozi, gente che non può lavorare da casa e che quindi deve muoversi. E' importante rendersi conto che questi sono un anello centrale della catena dei contagi".
Giusto quindi iniziare a vaccinare le persone a rischio, ma questo non basta: "Bisogna essere coscienti che sarà necessario vaccinare, non solo gli anziani, ma anche il segmento più giovane e attivo della popolazione per poter contenere veramente la pandemia".
Lo studio basilese offre ora un modello, basato su dati reali, che permette di prevedere l'effetto che la campagna di vaccinazione può avere, intervenendo in modo mirato sui diversi gruppi sociali.