Dovevano arrivarne sei nel 2020; per ora ne sono arrivati quattro e non sono ancora operativi. Stiamo parlando dei nuovi droni di ricognizione dell’esercito, acquistati dall’israeliana Elbit. A motivare l’acquisto: la sorveglianza di vaste aree, specie di frontiera, e la protezione di infrastrutture critiche.
Il ritardo e il mancato infastidiscono i responsabili dell’acquisto. “Non sono soddisfatto dell’avanzamento del progetto”, dichiara ai microfoni della RSi Urs Loher, responsabile dell’armamento Armasuisse. “Ci sono stati diversi problemi da superare. Il periodo covid, la caduta di un drone in Israele durante un test. E poi la situazione attuale in Medio Oriente. Siamo però convinti che entro il 2026 i droni saranno operativi”.
L’argomento alimenta malumori anche a Berna. “Sin dall’inizio, ho sempre temuto che non fosse un progetto maturo” ha detto la presidente della Commissione della politica di sicurezza della Commissione del Nazionale, Priska Seiler Graf. “La Svizzera ha poi voluto a tutti i costi una versione speciale, adattata alle esigenze elvetiche. Ora dunque non possiamo tornare indietro, dobbiamo andare avanti e sperare che tutto si risolva”.
In passato si è anche pensato alla riconsegna con il relativo rimborso, ma “ogni volta siamo giunti alla conclusione che bisognava portare a termine il progetto”, ha spiegato Urs Loher. L’unico motivo di consolazione è che la Svizzera non avrà costi aggiuntivi.