Svizzera

Ignazio Cassis e il suo bilancio da presidente

Intervista a tutto campo al responsabile del DFAE: le sue considerazioni su questo anno alla testa del Consiglio federale; uno sguardo alle prossime sfide per la Svizzera

  • 17 dicembre 2022, 13:40
  • 20 novembre, 14:13
01:07

RG 12.30 del 17.12.22: un estratto dell'intervista a Ignazio Cassis di Gian Paolo Driussi

RSI Info 17.12.2022, 12:52

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Di: Gian Paolo Driussi 

Con la fine del 2022 Ignazio Cassis si appresta a passare ad Alain Berset le funzioni di presidente della Confederazione. Il nostro corrispondente a Berna Gian Paolo Driussi ha così incontrato il responsabile del DFAE, nell'imminenza delle festività, per trarre un bilancio di questa sua prima esperienza alla testa del collegio governativo: dai momenti più difficili, fino a quelli più appaganti. Che dire, retrospettivamente, dell'anno che sta per volgere al termine?

È stato un anno straordinario in tutti i sensi. Un anno iniziato con una pandemia: si ricorderà che di questi tempi stavamo discutendo se alle feste natalizie potevamo avere un massimo di 5 o di 10 persone; quindi eravamo in un altro mondo. Poi all'inizio di febbraio abbiamo visto la luce alla fine del tunnel. Abbiamo visto quindi un mondo che finalmente lasciava alle spalle la pandemia, e speriamo che sia vero: non abbiamo ancora le prove definitive, ma dovrebbe andare in questa direzione. Pochi giorni più tardi questa invasione militare russa in Ucraina, che ha fragilizzato tutto il continente, che ci ha reso tanto insicuri, e alla fine con tutte le conseguenze sul piano dell'approvvigionamento energetico, dell'inflazione, della gestione della difesa militare. Per finire con un rimpasto governativo a fine anno che ho dovuto gestire. Quindi se guardo quest'anno in retrospettiva direi sicuramente straordinario, ricchissimo. Comunque un privilegio averlo potuto vivere.

Il consigliere federale, qui ripreso durante la Conferenza di Lugano incentrata sulla ricostruzione dell'Ucraina

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Si è passati da una crisi all'altra, e lei in questo senso ha raccolto il testimone di una presidenza che era ed è chiamata a parlare ad un Paese destabilizzato in una certa misura dalla pandemia, e poi spaventato o disorientato dalla guerra. In tedesco si dice che bisogna mantenere o cercare di mantenere la testa fredda in queste situazioni. Lei c'è sempre riuscito?

Direi globalmente di sì con naturalmente dei momenti di forte emozionalità. Il giorno di inizio della guerra... Gestire il giorno per esempio della Catena della Solidarietà quando c'è stata questa grande generosità dei cittadini svizzeri: 130 milioni di franchi, 50'000 posti letto messi a disposizione soprattutto per donne e bambini dall'Ucraina. È un anno per il quale i capitoli dei libri di storia dovranno essere più lunghi degli altri anni. Io direi comunque che il Governo svizzero è riuscito a guidare il Paese sia durante la pandemia nei due anni prima, con tutte le difficoltà che aveva comportato, sia anche ora, durante la guerra, con tutte le difficoltà che continua a comportare.

Il ruolo della Confederazione negli sforzi internazionali volti a porre fine al conflitto in Ucraina: l'incontro a Kiev fra Cassis e Volodymyr Zelensky, lo scorso ottobre

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A lei le sfide non sono mancate, anche perché non se le è cercate, diciamo così. Perché lei ha ereditato comunque un dossier europeo che era già avvelenato di suo. E quindi la guerra che ha fatto riflettere e ci sta facendo ancora riflettere sul concetto di neutralità. Questi sono ambiti dove ogni singola parola rischia di pesare come un macigno. E lei si è già confrontato con la critica proprio sull'uso delle parole. Se non sbaglio lei aveva anche rivendicato comunque la necessità, il diritto, la possibilità di esprimersi anche in qualità di ministro, dicendo quello che si pensa. Ora, in qualità di presidente, è stato più facile o più difficile per lei esprimersi?

Le parole che usa un membro di un Governo, o anche il presidente di un Governo, devono essere misurate, devono essere ponderate. Bisogna riflettere bene a ciò che si vuol dire, perché hanno un peso, hanno un grosso peso. E naturalmente questo è un apprendimento che ogni neoeletto consigliere federale fa nei primi mesi, nei primi anni. E impara a misurare anche come esprimersi. A maggior ragione in momenti di crisi: dove i nervi sono già tesi dove la paura è già grande, basta poco per creare disordine. E l'obiettivo principale di un presidente svizzero è di mantenere la coesione nazionale. È un obiettivo di mantenere sicurezza, pace e prosperità nel Paese e dare fiducia alla popolazione. Quindi il vocabolario deve essere scelto con grande attenzione e in più in diverse lingue; il che non facilita il compito.

Mentre nei suoi viaggi il cambio di protocollo l'ha agevolata, essendo non più solo il ministro degli Esteri, ma anche il presidente della Confederazione. Magari è stato più facile incontrare capi di Stato o interagire con loro...

È stato un anno a dir poco eccezionale. Ho incontrato tutti i capi di Stato e tutti i capi di Governo dei cinque Paesi che abbiamo intorno alla Svizzera. Non è mai successo e quindi questo la dice lunga, essendo nel centro del continente geograficamente, sul bisogno di interazione e di collaborazione che abbiamo con i nostri vicini di casa. Ma è stato un anno eccezionale per incontri a tutti i livelli, anche con Paesi più lontani. Sono anche stato in Giappone quest'anno e devo dire che, sicuramente, l'essere presidente del Governo apre delle porte che come ministro degli affari esteri sono più difficili da aprire.

Il complesso dossier delle relazioni bilaterali: il responsabile del DFAE, in aprile a Berna, con la vicepresidente della Commissione UE Vera Jourova

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Non le dispiacerebbe restare magari un anno in più? È un dibattito che è stato fatto ogni tanto...

Costantemente. È un dibattito che esiste sin dalla notte dei tempi in Svizzera. È giusto che il presidente resti un anno... Dovrebbe restare 2 o 4... E a intervalli regolari, ogni vent'anni, inizia una riforma che in generale finisce in nulla. Perché finora abbiamo gestito bene questo Paese con questa formula e, come si dice in inglese, never change a winning horse: non cambiare un cavallo vincente. Quindi è difficile cambiare qualcosa se siamo contenti, soddisfatti dei risultati.

Lei continuerà a cavalcare la sfida con Bruxelles, o meglio delle relazioni fra la Svizzera e l'UE. I timidi segnali positivi ricevuti da Bruxelles le fanno pensare che questa sarà la volta buona. Lei è davvero convinto di potercela fare?

Questa è la decisione del Consiglio federale. Il Consiglio federale vuole stabilizzare le relazioni con l'UE. Ha chiuso una storia che durava 15 anni, con questo accordo quadro istituzionale, perché non si riusciva ad andare oltre, e ha iniziato con un nuovo metodo facendo un po' tabula rasa: rimettendo a zero il contatore e cercando quindi un nuovo approccio. Io credo che quest'anno sia stato caratterizzato da importanti passi, in termini ancora informali, ma con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen abbiamo comunque deciso di lasciare alle spalle il passato e di guardare al futuro. E siamo destinati a essere parte di una stessa comunità, che è quella del continente europeo. E quindi dobbiamo assolutamente trovare una strada per creare sicurezza giuridica, perché ne va della nostra prosperità e della nostra sicurezza.

La Svizzera che si appresta a entrare nel Consiglio di sicurezza dell'ONU: il discorso di Cassis, lo scorso settembre, di fronte all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite

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Indipendentemente da come andrà a finire questa volta, nelle relazioni fra Svizzera e UE, le sfide o gli stimoli non le mancheranno. A cominciare dalla presenza della Svizzera al Consiglio di sicurezza dell'ONU. Ma al di fuori di questi ambiti, quali saranno le sue prossime, grandi sfide? Tenendo conto del fatto che lei aveva dichiarato di voler restare al DFAE per una decina d'anni. Adesso siamo a metà del guado: quindi togliamo l'Europa, togliamo l'ONU, cosa le resta?

Io direi che il 1° gennaio le sfide saranno le stesse del 31 dicembre: una guerra sul continente europeo e relazioni con l'UE che devono essere stabilizzate. Poi ci sono altri venti capitoli ma che interessano molto meno la collettività. Sono però importanti per la politica estera della Svizzera. Penso sicuramente a quello dell'ONU, il cui interesse è minore rispetto alla guerra però è importante. È una prima volta che la Svizzera è membro di un Consiglio di sicurezza dell'ONU, in un momento in cui sul nostro continente c'è la guerra. Quindi, quel Consiglio di sicurezza il cui obiettivo è di evitare le guerre. Addirittura in uno dei cinque Paesi membri permanenti è stata mossa una guerra verso un altro Paese del continente. Quindi c'è una crisi istituzionale evidentemente chiara e forte. E noi entriamo a far parte dei 10 membri non permanenti di questo Consiglio, cercando di dare un contributo a risolvere questo problema istituzionale. Non sarà facile, ci vuole tanto sul piano internazionale. Vedremo. Questa guerra avrà sicuramente conseguenze sull'organizzazione delle Nazioni Unite.

Stanno arrivando le festività natalizie anche per il presidente della Confederazione. Un po' di tranquillità ci sarà per qualche giorno?

È questo l'unico augurio che faccio a me e a mia moglie: quello di avere qualche giorno di riposo perché è importante averlo. E vorrei anche fare l'augurio a tutta la popolazione che ci sta ascoltando di Buone Feste e, soprattutto, di non perdere l'ottimismo che è necessario per andare avanti. Perché abbiamo passato tante difficoltà in questo Paese. Anche questa la supereremo e troveremo le migliori soluzioni. Buone Feste a tutti.

05:43

SEIDISERA del 17.12.2022: l'intervista al presidente della Confederazione Ignazio Cassis

RSI Info 17.12.2022, 19:35

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