L’Assemblea federale ha eletto mercoledì il consigliere di Stato di Basilea Città Beat Jans per succedere ad Alain Berset in Consiglio federale. Eleggendolo, “ha evidentemente privilegiato il fattore dell’esperienza. Esperienza di vita e soprattutto in un governo cantonale”, commenta Alan Crameri, inviato RSI a Berna e responsabile radio dell’attualità nazionale, “ci sono voluti tre turni ma in realtà non c’è mai stata storia. Già al primo turno ha ottenuto 89 voti, con un distacco grande sul secondo candidato ufficiale Jon Pult. Al fattore esperienza aggiungerei l’aspetto legato alla concordanza, Beat Jans ha segnalato durante le audizioni che è disposto a scendere a compromessi, a non rimanere sulla propria linea politica in maniera rigida. Questo qualcuno lo può giudicare un difetto, per il Parlamento evidentemente è un pregio”.
A cosa dovrà far fronte Jans in Governo “dipende soprattutto da che dipartimento si troverà a guidare... e da ultimo arrivato verosimilmente dovrà adeguarsi a ciò che gli lasciano gli altri sei consiglieri federali. Se nessuno di loro ha voglia di cambiare, Jans riprenderà il Dipartimento degli interni di Alain Berset, e già il 2024 avrà un battesimo di fuoco, con varie iniziative e referendum in votazione popolare, su temi caldi, come le pensioni e la sanità”.
Lo strappo tra i progressisti
Alla luce del voto di mercoledì, sembra che nell’area progressista tiri un’aria pesante, con il PS che ha scelto di non appoggiare l’attacco dei Verdi a un seggio del PLR e gli Ecologisti che non hanno mancato di sferrare pesanti critiche ai socialisti. Che valore dare a questi bisticci? “È di certo l’esito politico più intrigante della giornata – continua l’inviato RSI - e può segnare la definitiva emancipazione dei Verdi dal Partito socialista. Non significa che non saranno più alleati sulla maggior parte dei temi, ma la distanza sarà maggiore. Conseguenze concrete sono difficili da ipotizzare, ma il partito socialista non potrà più dare per scontato il supporto dei verdi ad ogni occasione”.
È possibile che gli strascichi di questa situazione “impediscano di ottenere qualche risultato, ma è anche possibile che più concorrenza possa ravvivare i due partiti. Perché è inutili avere due profili non solo simili dal punto di vista politico ma che vanno anche sempre a braccetto”.
Il “candidato selvaggio” Jositsch
Il Partito socialista dopo questa giornata non ha solo una ferita aperta con l’alleato di area, ma anche al suo interno. Pensiamo al risultato di Daniel Jositsch, che non era candidato ufficiale, ma che in tutti e tre i turni ha superato Jon Pult, che invece candidato ufficiale lo era. “Il risultato di Jositsch in effetti è stato ben al di sopra di quanto ci si potesse aspettare – spiega Alan Crameri – Lo ricordiamo, lui che già un anno fa aveva sollevato un polverone all’interno del suo partito, quando prima aveva insistito invano di finire sul ticket ufficiale nonostante il vertici del PS volessero una rosa di candidate esclusivamente femminile, e poi soprattutto quando malgrado venisse votato da parte del parlamento non era salito alla tribuna per invitare l’assemblea a non votarlo. Ecco: non lo ha fatto nemmeno ieri. Si può parlare di ferita all’interno del PS? Non credo, perché lo strappo è esclusivamente tra Jositsch stesso e i vertici del partito. I voti li ha ricevuti... dalla destra del parlamento.... destra che evidentemente non ha mantenuto la promessa di attenersi al ticket ufficiale del PS”.
Il risultato scarso di Jon Pult
Come giudicare, infine, il sostegno ottenuto da Pult? “Direi che è un risultato scarso, per vari motivi, cioè guardando non solo ai numeri, ma anche alla dinamica e al modo in cui Jon Pult ci è arrivato. Partiamo dai numeri: non ha mai superato i 54 voti, meno della metà di quanto ci vuole per essere eletto. Un po’ poco, per essere il candidato, si dice, preferito dai vertici del partito”.
Un risultato scarso anche per la dinamica, poiché “ha ottenuto 49 voti al primo turno, 54 al secondo (quindi pochi in più) e addirittura il risultato è diminuito al terzo (43 schede). E mai è riuscito ad accorciare il distacco con Daniel Jositsch, che ha sempre ottenuto più voti di lui, pur non essendo candidato ufficiale. Una dinamica che ricalca anche quanto successo nelle scorse settimane: Jon Pult, partito come quasi favorito per la sua brillante retorica plurilingue e per il carisma, non è mai riuscito a far scattare la scintilla che desse più slancio alla sua campagna, né a livello mediatico, né a livello parlamentare durante le audizioni. “
Jon Pult è giovane, ha 39 anni, ha ancora tempo per ambire al Consiglio federale:”Anche Karin Keller-Sutter non ce la fece al primo tentativo, ma solo otto anni dopo. Però lei al primo tentativo non era ancora mai stata deputata a Berna, e questo conta. Per Pult invece questa potrebbe essere una battuta d’arresto per ulteriori ambizioni politiche... ma non si sa mai, la politica e i media dimenticano in fretta”, conclude il nostro corrispondente.
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