Svizzera

Il prezzo del latte sale (ma non abbastanza)

La protesta dei contadini e la cooperativa che promuove in Svizzera il “latte onesto”

  • 2 marzo, 06:57
  • 4 marzo, 09:33

Cosa c'è dietro le proteste di agricoltori e allevatori

SEIDISERA 01.03.2024, 18:46

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Di: SEIDISERA-Fornasier/RSI Info

“Per il latte vogliamo almeno cinque centesimi in più al chilo, non soltanto per tre mesi. Chiediamo quindi che vengano fissati prezzi che coprono i costi, che permettono di vivere e investire nell’azienda e di guardare al futuro in modo sereno”. È quanto dice Arnaud Rochat, agricoltore e produttore di latte vodese, fondatore del movimento Révolte agricole suisse e che da un mese sta protestando. Proteste che negli ultimi giorni sono andate in scena in tutto il Paese con varie manifestazioni.

E la rivendicazione venerdì è diventata molto concreta, perché IP Latte - piattaforma che riunisce 35 organizzazioni regionali e nazionali di chi produce, trasforma e commercia il latte - ha fissato proprio il prezzo indicativo pagato al produttore. Un prezzo indicativo che vede però un aumento di 3 centesimi, a partire da luglio per il terzo e quarto trimestre del 2024, come comunicato nella serata di ieri dalla piattaforma.

protesta contadini zurigo

Agricoltori e allevatori non sono soddisfatti della decisione di IP Latte

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Il mercato del latte

Come funziona il mercato del latte? In Svizzera esiste quella che si chiama segmentazione del latte. Il latte A, che serve per il mercato svizzero, è acquistato ai produttori a un prezzo indicativo: fino a fine dicembre era di 81 centesimi al chilo, a partire dal 1° gennaio è sceso a 79 centesimi. È indicativo e in realtà nessun produttore riceve veramente questi soldi, perché vengono spesso dedotti altri 6-7 centesimi per le spese amministrative, di trasporto e altro. Questo latte A è quello dei cartoni del latte, degli yogurt, del burro che si trova nei negozi.

Poi c’è il latte B che serve alla trasformazione di prodotti per l’esportazione, principalmente verso l’Europa. Questo latte B è acquistato a un prezzo molto inferiore ai produttori: in media negli anni scorsi si situava a circa 50 centesimi al litro. Oggi è un po’ salito. Risultato di questa segmentazione è che in media un produttore riceve tra 60 e 65 centesimi per chilo di latte.

Tutti questi prezzi sono frutto di un accordo tra i vari attori del mercato, tra chi produce, trasforma e commercia il latte (quindi anche i grandi distributori). Ed è quello che è stato fatto anche ieri nella seduta di IP Latte, che si riunisce e adatta questi prezzi ogni tre mesi. E li adatta ai prezzi che girano nei Paesi che ci circondano, in Europa, secondo un calcolo complesso che spesso i produttori stessi non capiscono. Comunque si cerca di ridurre al minimo la differenza con il prezzo europeo, per mantenere i prodotti svizzeri concorrenziali.

Il prezzo “onesto” è possibile

Ma è possibile pagare al produttore un prezzo giusto? Da un po’ di anni esiste una cooperativa svizzera che si chiama “Die faire Milch, Lait équitable”, tradotto in italiano “Latte onesto”, nata proprio con lo scopo di versare al produttore il prezzo che copre i costi di produzione, ovvero circa un franco al litro (forse oggi non basta nemmeno un franco).

È una cooperativa di cui fanno parte 78 produttori di tutta la Svizzera, sette sono ticinesi e altri 120 sono in lista d’attesa (e potranno entrare a farne parte solo se la cooperativa riesce ad aumentare la vendita del suo latte equo). Settantotto produttori su un totale di quasi 17’000 in tutto il paese attualmente.

“L’idea è nata negli anni 2008-2009, quando già ci fu un’ondata di protesta con la richiesta di aumentare il prezzo versato al produttore a un franco” spiega alla RSI la presidente della cooperativa, Anne Chenevard. “Parallelamente in Europa sono nati dei progetti di latte equo. Progetti sostenuti dall’associazione European Milk Board, che promuove la produzione sostenibile e in grado di dare un futuro dignitoso agli allevatori. La nostra cooperativa è nata in questo contesto europeo, sul modello di quanto fatto in Francia”.

I produttori interessati, per poter entrare nella cooperativa devono aderire a due dei tre programmi federali sul benessere degli animali, che devono potersi muovere nella stalla, devono poter uscire all’aria aperta, pascolare e mangiare l’erba. C’è poi una quota sociale: devono investire del capitale proprio nella cooperativa. E devono impegnarsi a far conoscere la cooperativa, per esempio attraverso animazioni nei negozi.

Cinquanta centesimi in più rispetto al prezzo usuale

“Il meccanismo, spiegato in modo semplice, è questo: il latte viene venduto sotto il marchio Fair Suisse dai distributori a circa cinquanta centesimi in più rispetto al prezzo usuale di un litro di latte” spiega ancora Chenevard. “La cooperativa ridistribuisce poi questo guadagno ai suoi produttori in base alla quota che detengono. Diciamo che quando un consumatore acquista un litro di latte onesto, da qualche parte in Svizzera un produttore riceve il prezzo equo”.

In Ticino, dal quale la cooperativa riceve un grande sostegno a livello politico e finanziario, “purtroppo praticamente non ci sono punti vendita per il latte equo” sottolinea Chenevard. “Spero che il contesto attuale di protesta contribuisca a cambiare le cose”.

Fatto sta che nel 1996 in Svizzera c’erano 44’000 produttori di latte. Oggi non ne sono rimasti nemmeno 17’000. Ormai ogni giorno un paio di produttori abbandonano il settore perché non ce la fanno economicamente.

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