La Corte europea dei diritti umani ha condannato per violazione della privacy un assicuratore svizzero che era ricorso a dei detective privati per spiare i comportamenti di una cliente, con la quale aveva un contenzioso aperto circa il suo tasso d’invalidità.
La donna, una zurighese 60enne, avrebbe dovuto sottoporsi a nuovi esami medici che stabilissero le sue reali condizioni di salute, ma si era rifiutata. È allora che l’assicuratore ha deciso di ingaggiare gli investigatori per sorvegliarla. Le prove da loro raccolte hanno dimostrato che il suo reale tasso d’invalidità era inferiore rispetto a quello per il qual percepiva un aiuto finanziario, e questo le venne diminuito.
Se però i tribunali elvetici hanno convalidato le procedure e la scelta dell’assicuratore, così non è stato a Strasburgo, dove i giudici hanno stabilito che le prove fornite dalla sorveglianza non possono essere usate perché, stimano, c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU), che protegge la vita privata.
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