Approfondimento

Le regole non scritte per l’elezione del Consiglio federale

Il rinnovo del Governo è uno dei momenti topici della politica svizzera, ma allo stesso tempo è una procedura piuttosto prevedibile

  • 13 dicembre 2023, 05:41
  • 13 dicembre 2023, 07:10

La vigilia dell'elezione del Consiglio federale

SEIDISERA 12.12.2023, 18:27

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Di: Radiogiornale-Alan Crameri/RSI Info

Oggi, 13 dicembre, l’Assemblea federale eleggerà i sette membri del Consiglio federale per il periodo 2014-2027. L’elezione del Governo è uno dei momenti più attesi della politica svizzera, ciononostante si tratta storicamente di una procedura molto prevedibile. Il sistema politico sembra infatti voler impedire il più possibile elementi di sorpresa e sono soprattutto patti informali tra i partiti a rendere rigida l’elezione, anche se, ovviamente, in passato non sono mancate eccezioni anche piuttosto clamorose.

Quali sono, quindi, queste regole non scritte e perché vengono perlopiù rispettate? Uno dei motivi principali della rigidità attuale, sta nello strappo alla tradizione che si è verificato in due episodi neanche troppo lontani: l’elezione di Christoph Blocher nel 2003 al posto di Ruth Metzler e di Eveline Widmer-Schlumpf al posto dello stesso Blocher nel 2007.

Allora venne infranta la prima delle regole non scritte sull’elezione del governo svizzero, ovvero: i consiglieri federali in carica che si ripresentano, vengono rieletti.

Nella storia della Confederazione è capitato solo quattro volte che un consigliere federale uscente non venisse eletto. Le prime due nel 1800, le ultime due sono quelle citate in relazione appunto a Blocher: quando lui conquistò il secondo seggio per l’UDC a scapito del PPD nel 2003, e poi quando lui stesso venne estromesso - quattro anni dopo - perché ritenuto troppo poco collegiale dal Parlamento, con il rimpiazzo dell’allora compagna di partito Widmer-Schlumpf (oggi tra le fila del Centro).

Per la professoressa in scienze politiche all’Università di Berna Isabelle Stadelmann, questi episodi sono rimasti l’eccezione per un motivo principale: la ricerca di stabilità.

“Il Governo svizzero è basato sul consenso, al suo interno integra le maggiori forze politiche, che devono collaborare. Non rieleggere un consigliere federale uscente indebolisce la fiducia reciproca necessaria nel sistema svizzero”, spiega ai microfoni del Radiogiornale.

Gli scossoni dell’epoca Blocher sono ancora ben presenti, e scoraggiano attacchi di questo tipo.

La seconda regola non scritta riguarda la composizione del Governo, con la cosiddetta formula magica: i quattro maggiori partiti si suddividono i sette seggi in Consiglio federale, due ai tre più grandi, uno al quarto.

Introdotta nel 1959, è la chiave di riparto del potere in un governo basato sulla concordanza. Attualmente prevede due seggi UDC, due PS, due PLR, uno al Centro. Le discussioni su una riforma tornano a intervalli regolari, ma cambiarla è difficile.

“La formula magica viene cambiata solo quando i partiti lo ritengono proprio indispensabile, perché temono la paralisi politica – spiega ancora la professoressa Stadelmann -. Lo dimostra la storia: i seggi al PS e all’UDC sono stati ceduti solo perché altrimenti questi partiti avrebbero bloccato le decisioni, lanciando svariati referendum”.

La formula magica oggi è messa in dubbio dal Centro, che rispetto al PLR ha più deputati ed è quasi alla pari in punti percentuali di elettori.

Terzo e ultimo punto di rigidità, nell’elezione del Consiglio federale: le candidature ufficiali, con i partiti che propongono uno o più nomi al Parlamento per la successione di un proprio consigliere federale.

Da quando si è instaurata l’abitudine di proporre un ticket, cioè almeno due nomi tra cui scegliere, questa regola è stata infranta una sola volta, nel 2000, con l’elezione di Samuel Schmid dell’UDC, a scapito dei due candidati ufficiali del suo partito. Altrimenti è sempre stata rispettata, e non per altruismo, spiega ancora l’esperta in politica comparativa Isabelle Stadelmann: “È il meccanismo del “dare per avere”: anche se si preferirebbe un candidato più moderato, si accetta la proposta degli avversari politici, così che in futuro gli altri votino i candidati del proprio ticket”.

E così il Parlamento svizzero, alla vigilia di un’elezione fatta di regole non scritte, si appresta a vivere quella che è chiamata la Notte dei lunghi coltelli. L’origine del termine ha esattamente 40 anni: nel 1983 vari deputati tramarono contro la candidata ufficiale del partito socialista, Lilian Uchtenhagen, che avrebbe dovuto essere la prima donna nel Governo svizzero. Ma l’Assemblea federale preferì Otto Stich. Uno degli strappi alla regola, che contribuiscono a mantenere alta la tensione anche su procedure che nella norma sono molto prevedibili.

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