Domattina le Camere, riunite in Assemblea federale, saranno chiamate a scegliere fra Markus Ritter e Martin Pfister per l’assegnazione del seggio in Governo lasciato da Viola Amherd. La corsa all’Esecutivo dei due candidati ufficiali del Centro non ha certo riservato grandi palpiti. E a spiccare, semmai, è stata l’indisponibilità a competere di molti esponenti di spicco del partito. Si sono così chiamate fuori varie personalità del Centro fra le quali lo stesso presidente Gerhard Pfister, che a fine giugno lascerà l’incarico, il suo predecessore Christophe Darbellay, da poco riconfermato consigliere di Stato in Vallese, il grigionese Martin Candinas, già presidente del Consiglio nazionale nel 2022-2023, e, per quanto riguarda il Ticino, il consigliere agli Stati e presidente dell’USAM Fabio Regazzi. Ma l’elenco dei rinunciatari è stato ancora più lungo e ha finito così per suscitare più di una perplessità, sia fra gli altri partiti, che fra i commentatori della politica federale.
Le mire del Centro e la sfida del DDPS
Il Centro, infatti, ambisce a divenire la terza forza politica del Paese e a rivendicare, in tal caso, un secondo seggio in Consiglio federale. Tante defezioni per la successione ad Amherd non potevano quindi che indurre interrogativi sulla reale determinazione del partito. La sua immagine non ne ha certo beneficiato, ma tant’è: il ticket Ritter-Pfister è ormai da settimane sotto i riflettori e uno dei due, una volta eletto, avrà di certo un ruolo assai importante nel tirare la volata del Centro verso le Federali del 2027. Resta ora da vedere su chi cadrà la scelta del Parlamento. Ambedue i candidati suscitano critiche nell’area di sinistra. Lo spessore di entrambi viene riconosciuto dal PLR, mentre a propendere per Pfister sono i Verdi liberali. Quanto ai democentristi, le loro aspettative vertono soprattutto sulle posizioni dei due in materia di sicurezza e difesa: un dossier che è stato rilanciato di prepotenza dalle vicende che proprio di recente hanno scosso il dipartimento guidato, negli ultimi cinque anni, da Viola Amherd.

La sede a Berna del Dipartimento della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS)
Chi le succederà, infatti, dovrà assumere con ogni probabilità le redini dello stesso DDPS. Un compito non certo facile, dopo lo scandalo che ha investito la RUAG e dimissioni di peso come quelle del comandante dell’esercito Thomas Süssli e del capo dell’intelligence Christian Dussey. Si tratterà insomma di rimettere ordine in un dipartimento che sembra aver perso la bussola, ma che è sempre più chiamato in causa dalle incognite legate ai nuovi scenari geopolitici. Senza poi contare le risposte da dare ai vari problemi che concernono progetti, sistemi e dotazioni del nostro dispositivo militare. Le attenzioni e gli interrogativi, quindi, si concentrano non solo sulle capacità in genere di Ritter e Pfister, ma anche su quanto le rispettive competenze possano fornire garanzie per ridare credibilità e slancio ad un dipartimento in crisi.
Pfister: una candidatura in crescita
Sotto questo aspetto Martin Pfister, classe 1963, colonnello e già comandante di battaglione, può far valere la sua solida esperienza maturata proprio nelle forze armate. Non molto conosciuto nella Berna federale, lo zughese dispone però di un altro atout che potrebbe rafforzare le sue possibilità: il ruolo di uomo di esecutivo, esercitato nel suo cantone da quasi una decina d’anni, che nelle dinamiche di un’elezione per il Consiglio federale ha un evidente peso. Anche per questo la sua candidatura, inizialmente non molto accreditata, ha via via guadagnato punti. Pfister proviene inoltre da una regione, la Svizzera centrale, che non è più rappresentata nel collegio governativo da un’epoca ormai remota, ossia da quando Kaspar Villiger lasciò la scena politica: da allora sono trascorsi ben 22 anni e un’elezione dello zughese, quindi, contribuirebbe a corroborare la rappresentatività della “stanza dei bottoni” rispetto alle diverse realtà del Paese.

Martin Pfister dal 2016 è consigliere di Stato del canton Zugo, a capo del dipartimento della sanità
In genere si riconosce a Pfister la capacità di ascoltare e di gestire dossier con un approccio aperto alla ricerca del consenso e al compromesso. A suo sfavore potrebbe però giocare l’assenza di un’esperienza nella Berna federale: un requisito ritenuto importante, se si considera che nell’arco di un cinquantennio solo poche personalità sono riuscite a entrare in Consiglio federale senza una precedente militanza sotto il Cupolone nei ranghi parlamentari. L’ultima fu Eveline Widmer-Schlumpf, la cui elezione, peraltro, scaturì nel 2007 da un clima politico e da manovre molto contingenti: quelle che portarono, come tutti ricorderanno, all’estromissione dal Governo di Christoph Blocher. Altri tempi e altre circostanze davvero.
Ritter: il favorito della partita
Il 57enne Markus Ritter può invece essere considerato, e a buon diritto, come uno dei “pesi massimi” del Parlamento federale: è infatti consigliere nazionale dal 2011 e, alla Camera del popolo, integra da anni l’importante commissione dell’economia e dei tributi. Capo di un’organizzazione influente, l’Unione svizzera dei contadini, si è distinto a Berna per una decisa difesa degli interessi del settore agricolo. A livello esecutivo la sua unica esperienza risale all’epoca in cui fu municipale ad Altstätten, la sua località d’origine, fra il 1993 e il 2012. Ma a bilanciare questo dato sono tanti anni di attività al Nazionale, nei quali ha ben inquadrato l’esigenza di riunire solide maggioranze intorno ai progetti. Quanto al DDPS, Ritter si è detto da subito disposto a rilevarne la guida e ad affrontarne con determinazione i problemi. Forte di queste credenziali e di questi proponimenti, il sangallese si conferma nella posizione di favorito nel confronto con Pfister.

Ritter è presidente dell'Unione svizzera dei contadini e siede in Parlamento dal 2011
Non per questo, però, la sua corsa può dirsi in discesa. Nel Governo, infatti, siede già Karin Keller-Sutter e un’elezione di Ritter porterebbe così a due i membri del Consiglio federale originari dello stesso cantone, San Gallo. Salirebbe poi a quattro il numero dei consiglieri federali espressi dagli ambienti rurali: un dato, osservano taluni, che striderebbe con la realtà di un Paese nel quale tre quarti della popolazione vivono negli spazi urbani. Tutti aspetti, questi, che potrebbero indisporre i parlamentari più sensibili alla questione degli equilibri in seno all’Esecutivo. Ma altri interrogativi vertono sul profilo politico del candidato: infatti, le sue posizioni conservatrici su alcuni temi sociali lo rendono gradito all’UDC, alienandogli però i favori dell’area di sinistra.
Dal TG: i ritratti dei due candidati
Fin qui le premesse all’elezione che si terrà domani. Il confronto fra i due candidati, entrambi schierati alla destra del loro partito, quasi coetanei e perfino con una certa somiglianza fisica fra di loro, non sembrava in prima battuta molto coinvolgente. Poi le differenze sono emerse con maggiore nitidezza, alimentando più motivi d’interesse in vista della scelta del Parlamento: da diversità di stile e di approccio alla politica, fino alla “sfida” fra Svizzera orientale e centrale. Chi la vincerà? Domani, l’attesa risposta dell’Assemblea federale.

Il dopo-Amherd e i mal di pancia del Centro
Modem 11.03.2025, 08:30