Le chiamano “ambasciate”, ma sono “delegazioni”. Quando va bene. Quando cioè intrattengono relazioni, seguono progetti per ricevere finanziamenti. Quando insomma fanno lobby come nel caso della Baviera o della Lombardia per raccogliere fondi europei tra Bruxelles e Strasburgo.
Quando va meno bene sono invece piccoli uffici, presidi simbolici, “elementi di paradiplomazia” le hanno definite alcuni politologi scomodando non senza qualche iperbole il “modello Palestina” o parlando di casi analoghi come la Scozia o Taiwan.
Il caso Ginevra
La notizia è dello scorso aprile. A darla l’Agenzia di stampa catalana che con qualche enfasi riferisce:
«La Catalogna avrà tre nuove delegazioni all’estero. Tre relativi direttori sono stati nominati. Manuel Manonelles, professore di relazioni internazionali alla Universitat Ramon Llull, sarà il delegato del governo a Ginevra, una delle città dove è presente il maggior numero di istituzioni internazionali.»
D’altra parte il governo catalano, fino a pochi giorni fa, aveva 14 delegazioni sparse per il mondo create nell’arco degli ultimi decenni. Basta consultare il sito dell’amministrazione catalana per scoprirlo: ce n’è una in Francia, una in Portogallo, in Germania, negli Stati Uniti, presso l’Unione Europea a Bruxelles, nel Regno Unito, in Danimarca, in Austria e ben due in Italia. La prima a Roma e la seconda in Sardegna, ad Alghero, per questioni di affinità culturali e storiche fra sardi e catalani.
Un breve cammino
Il 29 giugno 2017, poco più di due mesi dopo la creazione della delegazione, BonPourLaTête.com, la rivista online sorta dalle ceneri dell’Hebdo, pubblica un articolo citando il nuovo rappresentante, il professor Manuel Manonelles.
«La nostra missione è quella di rappresentare il nostro governo, le nostre istituzioni, la nostra cultura, la nostra società e i nostri interessi. Tutte le regioni che hanno la nostra stessa forza economica e della nostra dimensione sono presenti nei luoghi dove si prendono le decisioni, la Catalogna non è un’eccezione in questo sento.»
Il 5 ottobre è il turno del quotidiano Le Temps di pubblicare una lunga intervista a colui che viene definito “il rappresentante del governo catalano presso le organizzazioni internazionali”.
«Il nostro governo ha ricevuto molte offerte di mediazione, ma bisogna essere in due per dialogare. Ebbene, Madrid non ci vuole sentire. Il governo di Mariano Rajoy preferisce inviare delle forze dell’ordine e dell’esercito in più invece che aprire un dialogo politico»
Parole che parrebbero quelle di un vero e proprio ambasciatore forse. Ma al di là delle interpretazioni possibili, basta ripercorrere il decreto con cui viene creata la delegazione catalana per avere un’idea più chiara degli obiettivi della delegazione:
Promuovere e coordinare le relazioni multilaterali della Generalitat e degli organi affiliati o dipendenti con tutte le organizzazioni internazionali con sede a Ginevra e il resto della Confederazione svizzera, nonché con quelle che hanno la loro sede a Strasburgo, Parigi e Vienna.
Promuove e coordina le relazioni bilaterali della Generalitat e degli organi collegati o che ne dipendono con le autorità della Confederazione.»
La nuova delegazione prevedeva di poter contare su tre collaboratori; sperava inoltre di ricevere il sostegno o quantomeno l’attenzione degli oltre 14'000 catalani residenti in Svizzera, e perché no, di alcune istituzioni o di alcuni politici svizzeri come il centro catalano Losanna-Ginevra o il gruppo di amicizia svizzera-catalana. Un gruppo parlamentare, quest’ultimo, formato dal consigliere nazionale Yannick Buttet (PPD-VS), dal socialista vallesano Matthias Reynard, da sempre sensibile alle istanze indipendentiste in Europa; e dal liberale radicale vodese Frédéric Borloz, sposato con una cittadina catalana.
Ma per Madrid, che fino a pochi giorni fa riconosceva queste delegazioni, ora non sono più legittime. Tanto che la stessa pagina web sul sito della Generalitat dedicata alla delegazione ginevrina non è più raggiungibile, se non ricorrendo a una versione archiviata da un noto motore di ricerca.
Il caso ginevrino alla prova dei fatti
Intanto però nessuno dei principali attori della Ginevra internazionale, da noi interpellati, ha o ha avuto rapporti con la neo delegazione. Missione permanente della Svizzera, Cantone, Missione dell'Unione europea e la stessa ONU. Tutti, all’unisono, ci hanno dato la stessa risposta: abbiamo sentito che sono qui, non abbiamo rapporti con loro, il nostro unico interlocutore è Madrid.
E nemmeno il centro di studi Graduate Institute, in cui il neo rappresentante della delegazione catalana – professore di studi internazionali – non è mai stato invitato.
Una delegazione dunque isolata, con poche risorse, da qualche giorno dichiarata illegittima da Madrid e da 48 ore senza il proprio presidente, Carles Puigdemont, volato in Belgio.
Riccardo Bagnato