Quanto siamo disposti a lavorare? È una domanda che si pone in Svizzera, di fronte alla prevista carenza di manodopera. Molte aziende si attendono infatti difficoltà a trovare il personale necessario e a questo proposito la ricetta proposta oggi (martedì) dall'Unione svizzera degli imprenditori può suonare brutale: dobbiamo lavorare di più.
Una ricetta che arriva in un momento in cui un po’ ovunque si sperimenta la settimana da quattro giorni e in generale si pensa a ridurre gli orari di lavoro. I segnali non potrebbero quindi essere più contrastanti. Un esempio arriva da Basilese Città, dove il parlamento chiede di ridurre a 38 ore il tempo di lavoro settimanale per rendere più attrattivi gli impieghi nell'amministrazione cantonale. Ma da Zurigo, in conferenza stampa, l'Unione svizzera degli imprenditori imprime una decisa sterzata dall'altra parte.
“Dobbiamo tornare ad aumentare il tempo effettivo di lavoro”, questa la rivendicazione del direttore Roland Müller, forte di un dato statistico: rispetto a 10 anni fa in media la popolazione attiva lavora quasi 14 giorni in meno all'anno.
Le richieste scaturiscono dal barometro dell'occupazione presentato dal centro ricerche congiunturali KOF, che sostanzialmente dice che molte imprese prevedono di aumentare la forza lavoro, ma trovare il personale adeguato rimane una sfida. E una sfida è anche quella demografica: l'ultima generazione dei “baby boomer” si appresta ad andare in pensione e secondo gli scenari del padronato il numero di occupati in Svizzera diminuirà a partire dal 2025 nonostante l'immigrazione.
Per Roland Müller non vi è pertanto altra scelta se non quella di sfruttare meglio il potenziale interno. Ma come chiedere di lavorare di più a una generazione che punta a un migliore equilibrio tra lavoro e tempo libero?
Per Müller non si tratta di mettere pressione sullo stile di vita delle persone, ma di adattare le condizioni quadro in modo da favorire l'aumento dei volumi di lavoro, in particolare delle percentuali inferiori al 50%. L’associazione chiede perciò correttivi quali l'imposizione individuale, che potrebbe secondo uno studio generare fino a 60’000 impieghi, ma anche contributi maggiori per gli asili nido.