La sala era stracolma lunedì sera all'università di Ginevra per la conferenza della segretaria di Stato Livia Leu sulle relazioni tra la Svizzera e l'Unione europea. L'alta diplomatica era reduce da un lungo incontro esplorativo a Bruxelles con il capo dello staff del commissario europeo Mario Sefcovic, incaricato delle relazioni con la Svizzera: un incontro che aveva come obbiettivo di rilanciare i negoziati bilaterali dopo l’abbandono un anno fa da parte del governo della trattativa sull’accordo quadro istituzionale. Al termine dell’incontro, il comunicato rilasciato dall’UE è sembrato molto asciutto. Qual è allora la situazione? Ci sono progressi? Domande che la RSI ha girato all'alta funzionaria:
"Siamo ancora nella fase esplorativa: dobbiamo cioè vedere se possiamo definire un'agenda comune per i futuri negoziati. Ed è normale, soprattutto quando si è messo fine a una trattativa un anno prima, che ci si debba un po' ritrovare e mettere sul tavolo le rispettive posizioni. Ci stiamo ancora sondando reciprocamente: ci siamo incontrati solo due volte. Ci sono ancora diverse differenze su cui dobbiamo lavorare, ma è normale”.
Il Consiglio federale propone un nuovo pacchetto di bilaterali, ognuno con una parte istituzionale. Ma c’è disponibilità da parte europea a cedere su questo punto? Dal comunicato di mercoledì traspare sempre la preferenza per una soluzione istituzionale complessiva.
"L'UE gradiva un accordo puramente istituzionale orizzontale. Però ci ha invitato a venire con nuove idee e abbiamo proposto di inserire la questione istituzionale nei singoli accordi. È una proposta che dobbiamo naturalmente negoziare, ma non è detto che sia necessariamente impossibile per l'Unione europea”.
Come gesto di buona volontà il Consiglio federale ha proposto di contribuire anche in futuro al fondo di coesione europeo. Ma l’Unione europea non si è mostrata impressionata. Quali altre carte ha la Svizzera?
"Abbandonata l’idea di un accordo unico, il Consiglio federale propone un pacchetto più largo, come già in passato. E un simile pacchetto permette di toccare interessi concreti. Proponiamo nuovi accordi, per esempio nel campo della salute, della sicurezza alimentare o dell'elettricità: sono settori interessanti anche per l'Unione europea. Inoltre, la Svizzera si è detta pronta a considerare le preoccupazioni dell'UE per una soluzione istituzionale, ma in modo da difendere i propri interessi essenziali".
Nel conflitto ucraino, Berna ha scelto di aderire alle sanzioni dell’Unione europea contro la Russia. È un gesto che, secondo lei, potrebbe ammorbidire Bruxelles nei confronti della Svizzera?
"Con le sanzioni contro la Russia ci siamo posizionati al fianco dell'Unione Europea e naturalmente al fianco dell'Ucraina, anche con l'aiuto umanitario e accogliendo i profughi. Credo che ciò abbia sottolineato la nostra appartenenza alla comunità di valori dell'Europa e ci ha sicuramente avvicinato. Però qui naturalmente dobbiamo discutere di questioni tecniche che riguardano l'accesso al mercato: vedremo in seguito quanto questo riavvicinamento avrà un effetto".
D’altra parte, il conflitto ucraino occupa e preoccupa l’Europa. L’Unione europea avrà ancora spazio, tempo, attenzione da dedicare alle trattative con la Svizzera?
"Lo speriamo! Noi siamo pronti e se lo è anche l'Unione Europea possiamo iniziare! Certo la crisi ucraina assorbe noi tutti: è una grossa crisi geopolitica che prende molta energia. Ma nella vita bisogna occuparsi anche dei vicini e quindi penso che ci sarà sicuramente ancora spazio per i negoziati. Ma quando, non lo posso ancora dire”.
Quali saranno le prossime tappe importanti?
"Dobbiamo vedere quale sarà la presa di posizione europea sulle nostre proposte: l’UE potrebbe anche portare altre proposte. Stiamo definendo l'ambito negoziale e questa fase può durare un tempo indefinito. Dopo di che ci vorrà un mandato negoziale da entrambe le parti: insomma ci vorrà del tempo".
La palla è quindi nel campo europeo?
"Sì!"