Bisogna fare attenzione, ora che siamo alle prese con la pandemia di nuovo coronavirus, a non dimenticare l’AIDS e l’epatite: è l’appello lanciato questa mattina, mercoledì, a Berna dalle associazioni nazionali che lottano contro queste pericolose malattie infettive. Per questo, chiedono alle autorità federali un nuovo programma per contenere la diffusione di virus che ogni anno provocano ancora tante vittime.
Le infezioni da HIV e l’epatite B e C sono sessualmente trasmissibili e la Svizzera si è impegnata a debellarle entro la fine questo decennio, ricordano i responsabili di Aiuto AIDS e dell’Associazione epatite Svizzera. Quello del "contagio zero" entro il 2030, sottolineano, è un obbiettivo molto ambizioso, che potrà essere raggiunto solo se in futuro verranno migliorati l’accesso alle nuove cure e la prevenzione.
"Dal 2011 esiste il programma nazionale di lotta contro l’AIDS le altre malattie sessualmente trasmissibili, che la Confederazione ha deciso di prolungare per altri due anni", ricorda il dr. Philip Bruggmann, presidente dell’Associazione epatite Svizzera, "si tratta però di un programma che si basa sulle conoscenze scientifiche di 10 anni fa; nel frattempo la ricerca medica, sia per quanto riguarda l’epatite sia l’HIV, ha compiuto passi da gigante: non si può non tenerne conto".
La pandemia non è una scusa
Le autorità cantonali e federali, afferma Bruggmann, devono quindi agire. A causa della pandemia, sostiene il medico zurighese, "non si può continuare a non curare altre insidiose malattie virali, così come accaduto negli ultimi due anni: le conseguenze potrebbe essere fatali; non solo per i diretti interessati, ma anche per il sistema sanitario".
In Svizzera, si stima siano 80'000 affette da epatite B o C, delle quale circa un terzo non ne è però a conoscenza, ecco perché, sottolinea ancora una volta Bruggmann, "è importante intensificare la prevenzione".