A Berna continua a tenere banco la discussione sul finanziamento dell’esercito. Già decisi i massicci aumenti di budget per i prossimi anni, ancora infatti non si sa come compensare le uscite. Di oggi (mercoledì) la notizia di una nuova proposta che prevede l’emissione di obbligazioni per 40 miliardi di franchi, mentre inizia a farsi largo anche l’idea di agganciarsi ufficialmente al treno europeo del riarmo per guadagnare tempo e prezzi vantaggiosi.

Due soldatesse della Swisscoy impegnate nella missione KFOR
La spesa è di 30 miliardi fino al 2028, di cui 4 ancora scoperti - senza cioè sapere come controfinanziarli - poi dal 2032 quasi 10 miliardi ogni anno. Ma dove trovare tutti questi soldi senza aumentare le imposte, senza allentare il freno all’indebitamento, avendo già ridotto all’osso alcuni servizi e in parte già tagliato nella cooperazione internazionale?
Già fallita l’idea di un prestito all’esercito, da una coraggiosa alleanza UDC-Centro come detto ora spunta la proposta di un credito obbligazionario da 40 miliardi di franchi. Insomma dei bond, titoli di stato col grigioverde, magari garantiti dalla Banca nazionale, secondo l’ideatore, il consigliere nazionale Jean-Luc Addor, come riferisce il Blick.
In attesa dei soldi di dopodomani, c’è intanto l’esercito di oggi da risollevare e la corsa al riarmo attorno alla Svizzera non facilita gli acquisti. A meno di non aggangiarsi al treno europeo lungo 800 miliardi euro. Bruxelles ha infatti aperto la porta anche a paesi terzi per ordinativi comuni e più veloci. Accordi sono già stati raggiunti con Norvegia, Albania e Giappone mentre con la Gran Bretagna se ne sta parlando. Un’intesa con la Svizzera potrebbe anche significare maggiori esportazioni per l’industria bellica di casa nostra. E l’idea piace. O quantomeno non dispiace, stando alle reazioni raccolte da SRF fra i membri della Commissione politica di sicurezza del Nazionale.
Ma in ogni caso anche l’Europa dovrebbe dire sì a un accordo con la Svizzera. Passo non scontato dopo le critiche rivolte a Berna per l’impossibilità di riesportare armi Made in Switzerland, peraltro già concretizzatesi in un parziale boicottaggio dalla Germania.