Ticino e Grigioni

L’Europa si riarma, ma l’industria bellica elvetica rallenta

Il settore fa i conti con licenziamenti e il trasferimento della produzione all’estero - Il fenomeno tocca indirettamente anche la Svizzera italiana, con il calo di ordinazioni

  • Ieri, 22:33
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Industria bellica

Il Quotidiano 14.03.2025, 19:00

Di: Quotidiano/Pa.St. 

Mentre in Europa si sta vivendo una stagione del riarmo che fa volare il settore della difesa, in Svizzera le cose vanno diversamente: l’industria arranca, con licenziamenti e il trasferimento della produzione all’estero. Un fenomeno che tocca anche la Svizzera italiana e che è da ricondurre alle restrizioni sulle esportazioni di materiale bellico e a una crescente quota di importazioni, che nel 2023 ha superato la metà dei volumi di acquisto complessivi.

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Nel 2023 le importazioni hanno superato la metà dei volumi di acquisto complessivi

  • RSI

In Ticino non si contano grandi industrie nel campo della difesa. “Ma abbiamo cinquanta aziende che forniscono componentistica a ditte nazionali”, afferma al Quotidiano della RSI Filippo Lombardi, presidente del Gruppo materiale difesa e sicurezza Svizzera italiana. “Risentiamo quindi indirettamente i problemi dell’industria elvetica, nella misura in cui anche in Ticino le ordinazioni sono in calo”.

Un settore ancora modesto ma che per imprese come la Belloli SA di Grono, che produce intelaiature per veicoli per il trasporto di truppe, rappresenta una parte importante del lavoro. Nell’azienda mesolcinese la difesa fa all’incirca il 30% del fatturato, con il 40% degli impieghi, come spiega il co-titolare e direttore Alberto Belloli. E le commesse interessano tutta una filiera: “Per ogni milione di commessa che riusciamo ad acquisire, sicuramente 300-350’000 franchi li passiamo a nostri fornitori”.

L’ostacolo principale è la diffidenza degli acquirenti esteri, che per ora si ritrovano ad acquistare armi, munizioni e mezzi senza sapere se potranno utilizzarli in caso di conflitto. E per superare l’ostacolo è necessario fare i conti con l’attuale interpretazione del principio di neutralità, un passo tutt’altro che indifferente. Si tratta di una discussione politica “che merita di essere fatta” sottolinea Lombardi. E aggiunge: “Noi non vogliamo modificare nulla nella nostra dottrina, quindi accettiamo di scomparire da questo mercato. Siccome poi comunque la volontà di governo e parlamento è chiara e vogliamo comunque aumentare la spesa militare, allora la faremo tutta all’estero e chiuderemo le attività in Svizzera”. Belloli afferma: “Senza essere ipocrita e nemmeno volendo minare la nostra neutralità, in un Europa che si vede in grave difficoltà sarebbe sicuramente il caso di riconoscere anche il nostro ruolo al centro dell’Europa”.

Le ragioni economiche si scontrano però con quelle etiche. E se i dibattiti in futuro non mancheranno, questa è la posizione del lato industriale: “Un sistema di difesa - dice ancora Lombardi - può essere usato appunto per la difesa. O può essere usato in modo ingiusto per una guerra d’aggressione. In sé non è al momento della produzione che si prende una decisione etica”. Un argomento spinoso che parlamento e Consiglio federale dovranno far quadrare. Tra neutralità, etica, deterrenza e mercato.

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Piano per il riarmo dell'Unione Europea

Telegiornale 04.03.2025, 12:30

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