Il precariato dei ricercatori universitari è stato misurato in un'inchiesta dell'Università di Ginevra. Un sondaggio voluto dal rettorato e condotto con criteri scientifici ha messo in evidenza alcuni punti deboli sui quali i responsabili accademici vogliono agire, per mantenere l'attrattivo l'ateneo.
Sono risultati piuttosto preoccupanti quelli presentati in tutta trasparenza su internet dalla vice-rettrice Brigitte Galliot. Accanto ad alcuni punti positivi, come l'apprezzamento delle condizioni logistiche e dell'autonomia sul lavoro, spiccano quelli critici.
Il 35% di chi ha risposto al sondaggio si sente precario, mentre il 51% teme di cadere nella precarietà. Un sentimento che è legato all'incertezza contrattuale e ai bassi salari quando le percentuali di lavoro sono troppo basse. Ne sono vittima soprattutto assistenti e collaboratori scientifici sotto i 45 anni.
Ci sono poi le disparità salariali, di cui soffrono soprattutto le donne e i dottorandi, e anche le molestie morali e sessuali.
Altro elemento preso seriamente dall'Università di Ginevra è quanto sia attrattivo l'ateneo per i collaboratori scientifici: il dato ricavato è basso.Sarebbe però interessante poterlo paragonare con altre università a livello svizzero ed europeo, spiega la vice-rettrice. Perché il malessere del corpo intermedio nelle università non è di certo solo ginevrino: prova ne sia la petizione a livello svizzero che, due anni fa, ha chiesto all'Assemblea federale di migliorare le condizioni di lavoro di chi fa ricerca.
Intanto l'Università di Ginevra ha deciso di correre ai ripari: dopo ampia consultazione, la vice-rettrice renderà pubbliche, ancora durante il semestre, le misure decise per lottare contro i disagi dei collaboratori.