Chiudere le frontiere e le scuole un provvedimento inefficace contro la diffusione del coronavirus. Molto più importante è invece rispettare le norme igieniche, troppo spesso sottovalutate. Ma il contagio non si fermerà, e la Svizzera potrebbe trovarsi a vivere una situazione analoga a quella dell’Italia già prima di Pasqua. A quel punto, “saremo chiamati a scegliere”, chi curare. Lo afferma il primario del reparto infettivologia dell'ospedale di San Gallo, Pietro Vernazza, intervistato dalla RSI.
Era necessario adottare misure più drastiche come ha fatto l'Austria?
A mio avviso la chiusura delle frontiere è un provvedimento inefficace e inutile, come del resto ritengo inutile chiudere le scuole. Sulle frontiere, il Consiglio federale fa bene a non agire in modo precipitoso, adottando una misura che avrebbe ripercussioni enormi. Il virus è già arrivato da tempo in Europa, dove si sta diffondendo in tutto il continente, indipendentemente dalla chiusura o meno delle frontiere. Anche da noi i contagi aumentano molto rapidamente e anche se il provvedimento fosse stato deciso qualche settimana fa, quando son stati segnalati i primi casi in Italia, si sarebbe rivelato inadeguato per evitare un'epidemia in Svizzera.
L’obiettivo principale attualmente è rallentare la diffusione del virus per evitare un collasso del sistema sanitario. Bastano le misure adottata finora dalle autorità?
Il provvedimento centrale rimane il rispetto delle rigorose norme di igiene raccomandate dall'Ufficio federale della sanità. Misure che sembrano banali e che purtroppo non vengono ancora prese sul serio da parte della popolazione e che invece sono una delle armi più efficaci contro il virus. Dobbiamo dunque cambiare il nostro comportamento, mantenere una certa distanza dagli altri ed anche tener lontane le mani dal viso, così da ridurre il rischio di infettarci. Rischio che, come conferma quanto accaduto finora in Cina, è più alto proprio nell'ambiente privato.
Sulla pericolosità del nuovo virus gli esperti son divisi. Qual è la sua valutazione?
Il virus mette e metterà massicciamente alla prova le nostre strutture ospedaliere. Solo una piccola percentuale dei contagiati si ammala in modo serio, il problema più grosso attualmente è la velocità con cui si diffonde l'infezione: ciò provoca un'impennata dei malati gravi, che devono esser ricoverati nei reparti di cure intensive. È dunque centrale riuscire ad allentare i contagi e tutti noi possiamo dare un contributo, seguendo le raccomandazioni della Confederazione.
Le autorità elvetiche continuano a ripetere che siamo ben preparati per affrontare l'epidemia. Si riuscirà ad evitare una situazione d'emergenze come quella che sta vivendo ad esempio la Lombardia?
Non sarei per niente sorpreso, anzi è probabile che ci ritroveremo nella stessa situazione dell'Italia già fra qualche settimana, ancora prima di Pasqua, quando secondo me ci sarà il picco dei contagi in Svizzera. Dovremo, per così dire, reimparare che la vita umana non è eterna e che anche da noi in determinate circostanze non saremo più in grado di offrire cure di punta, ottimali a tutti i malati gravi. Saremo chiamati a scegliere se ricoverare in cure intense pazienti di una certa età in condizioni disperate oppure dare la precedenza ad un malato più giovane. Era un problema che finora noi medici non eravamo abituati a porci, ma di fronte all'impennata di pazienti alle quali saremo confrontati prossimamente, saremo chiamati a prendere delle decisioni molto difficili.