Parlare di “tratta degli esseri umani” è forse un eufemismo. Era piuttosto una “schiavizzazione” quella messa in atto da una svizzera, di origini thailandesi, che è stata condannata a sei anni e due mesi di prigione dal Tribunale criminale di Lucerna.
La 55enne gestiva un locale erotico nella città, dove delle thailandesi arrivate illegalmente in Svizzera venivano sfruttate sessualmente e senza alcuna remunerazione.
Secondo la procura, le donne, di origini umili, vivevano e lavoravano nel postribolo, dove erano "schiavizzate" per ripagare i debiti verso i trafficanti di esseri umani che le avevano fatte arrivare in Svizzera. Particolarmente esposte dal loro status di illegali, non potevano praticamente mai lasciare la struttura, aperta 24 ore su 24, e non disponevano di una sfera privata.
Le vittime dovevano condividere i letti disponibili e dormire in quelli in cui avevano ricevuto i clienti. L'imputata stessa assegnava le donne a chi si presentava. Una situazione che ha rovinato la loro salute fisica e mentale, hanno sottolineato i legali.
La metà dei soldi versati dai clienti finiva alla responsabile del locale hard per spese come vitto, alloggio e pubblicità, mentre l'altra andava nelle tasche dei trafficanti, ai quali le donne dovevano diverse decine di migliaia di franchi per l'ottenimento di un visto turistico. Una volta che tale debito era saldato, le vittime non erano più finanziariamente attrattive e spesso dovevano andarsene dal postribolo.
Stando al Ministero pubblico, la 55enne si è resa colpevole di tratta di esseri umani in 19 casi, mentre in 29 ha incoraggiato la prostituzione. Ha inoltre riciclato una somma di 700'000 franchi.
La "maîtresse" è stata riconosciuta colpevole anche di riciclaggio di denaro e di violazioni della legge sugli stranieri, riferisce la sentenza pubblicata mercoledì. Oltre al periodo da trascorrere dietro le sbarre, le è stata comminata una pena pecuniaria sospesa con la condizionale di 70 aliquote giornaliere da 30 franchi l'una.
La diretta interessata non ha commentato le accuse durante il processo. Il suo difensore ha invece descritto il postribolo come una tipica struttura del settore, gestita secondo i principi del capitalismo. Secondo lui le donne erano libere in quello che facevano, per il giudice no.
RG 24.00 del 05.07.23
RSI Info 05.07.2023, 21:23