Svizzera

Sicurezza informatica: "c'è molto da fare"

Intervista al delegato federale della cibersicurezza, Florian Schütz. - "Troppo spesso gli attacchi vanno in porto"

  • 7 febbraio 2022, 22:04
  • 20 novembre, 18:41
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Intervista al delegato federale della cybersicurezza

Telegiornale 07.02.2022, 21:00

Di: TG 

Tra Russia e Ucraina, giocano un ruolo rilevante anche i ciberattacchi. Quanto siano rilevanti la RSI lo ha chiesto al delegato federale della cibersicurezza, Florian Schütz.

“È una situazione che va letta in modo differenziato. Da un lato è difficile individuare chi sta dietro a un ciberattacco. Dall'altro, quando ci si trova in un conflitto, i ciberattacchi sono uno strumento importante per disseminare delle informazioni o per ottenere certi effetti psicologici”.

Ma veniamo in Svizzera e allarghiamo il discorso alla sicurezza informatica in generale. Negli ultimi anni gli attacchi (di varia natura) sono raddoppiati. Quanto è preoccupato?

“È una questione alla quale dobbiamo prestare attenzione. C'è ancora molto da fare. Troppo spesso ancora questi attacchi vanno in porto”.

Se parliamo delle ditte, qual è il loro grado di protezione?
“Alcune sono protette bene, altre meno. Purtroppo, però, "l'igiene informatica" viene spesso trascurata. Non si eseguono per tempo gli aggiornamenti di sicurezza, non si conosce la propria infrastruttura informatica. E se ne parla troppo poco a livello di consiglio di amministrazione o di direzione”.

Ma anche tra il personale di queste ditte, parlarne sarebbe importante?

“Certo, ogni collaboratore dovrebbe capire quali siano gli aspetti di sicurezza che lo riguardano. In tal senso ci vuole più formazione. Sia durante l'attività lavorativa, sia durante l'apprendistato”.

Se facciamo un paragone con l'estero, la Svizzera è troppo lenta?

“Dal punto di vista operativo direi che non siamo tra i primi, ma che ci troviamo a metà classifica. Dal punto di vista strategico, invece, c'è ancora molto da fare. I Paesi più forti in questo ambito legano la loro strategia nazionale ad aspetti di politica economica e sociale, e non solo a quella della sicurezza. Nei prossimi anni, anche noi vogliamo seguire questa strada”.

Ma la Svizzera può contare su un numero sufficiente di specialisti?

“Con i politecnici di Zurigo e Losanna abbiamo due istituzioni formative di assoluto valore. Il problema è che tanti di questi talenti vogliono poi andare all'estero. Molti miei colleghi dicono: in Svizzera non abbiamo la possibilità di fare carriera. Qui ci vuole un cambio di mentalità nelle ditte. Questi specialisti non vanno considerati come dei semplici tecnici, ma come dei collaboratori da promuovere”.

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