Il dibattito

Sottomissione all’UE o accordo su misura per la Svizzera?

La questione della sovranità è centrale nei negoziati con l’Unione europea. Greta Gysin (Verdi) e Paolo Pamini (UDC) interpretano diversamente l’esito dei negoziati

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La questione della sovranità negli accordi Svizzera-UE

SEIDISERA 14.01.2025, 18:00

  • Keystone
Di: Alan Crameri 

Quanto resta autonoma la Svizzera coi nuovi accordi bilaterali negoziati tra Berna e Bruxelles? Quanto invece sarà obbligata a seguire leggi e sentenze europee? Dalle risposte a queste domande dipenderà l’opinione di molti politici e cittadini al momento di decidere se approvarli.

SEIDISERA in una serie di approfondimenti affronta i nodi principali del risultato delle trattative. Oltre ai dossier legati alla migrazione e allo sviluppo economico, gli elementi legati alla sovranità hanno richiesto molti sforzi e compromessi da parte dei negoziatori. Ecco gli elementi più rilevanti e discussi:

- La Corte europea di giustizia decide, in caso di controversie, come debba essere applicato il diritto del mercato interno europeo. Sono quindi coinvolti cinque accordi dei Bilaterali I, e eventuali futuri accordi (ad es. sull’elettricità).

- Un tribunale arbitrale deciderà invece in maniera definitiva sulle controversie relative alle eccezioni stabilite negli accordi bilaterali, così come sulla proporzionalità delle misure di compensazione se la Svizzera dovesse rifiutarsi di adeguarsi al diritto europeo. Il tribunale arbitrale sarà composto da tre giudici: uno svizzero e uno europeo, che di comune accordo nomineranno il presidente.

- Il recepimento (ripresa) del diritto europeo sarà dinamica, e non automatica. Se l’UE modificherà una legge che tange direttamente un accordo bilaterale, la Svizzera adeguerà la propria, a meno che Governo, Parlamento o popolo dicano di no. In quel caso scatteranno misure di compensazione.

- Il contributo svizzero alla coesione diventerà vincolante e aumenterà. Attualmente vengono versati 130 milioni di franchi all’anno per progetti mirati in alcuni stati europei, dal 2030 la Confederazione si impegna a versare 350 milioni di franchi all’anno.

I nuovi accordi non prevedono una super-ghigliottina, al contrario di quanto era previsto nell’accordo quadro cestinato dal Consiglio federale nel 2021. Significa che se la Svizzera dovesse disdire un accordo, gli altri non decadrebbero automaticamente.

Argomenti a confronto di due consiglieri nazionali

Greta Gysin (Verdi) non ha ancora deciso se dirà sì o no ai nuovi accordi bilaterali. Ma giudica buono il risultato dei negoziati sulle questioni legate alla sovranità. Paolo Pamini (UDC) è già certo che dirà di NO a tutto il pacchetto, per una questione di principio e di autodeterminazione limitata per la Svizzera.

Come giudica il ruolo e il margine di manovra della Corte europea di giustizia?

Pamini: Il problema è che stiamo negoziando la partecipazione della Svizzera al mercato unico europeo, che viene regolato dalla Corte europea di giustizia. Questo è un elemento di rottura nella storia svizzera di oltre 700 anni, perché porteremmo dei giudici stranieri in casa.

Gysin: Si fa un passo avanti per quanto riguarda la sovranità, per il semplice fatto che questo accordo regolamenta le procedure in caso di diatriba. Uno strumento nuovo, e che permetterà di evitare sanzioni arbitrarie come già capitato con l’esclusione della Svizzera dai programmi di ricerca europei.

Gli accordi prevedono misure di compensazione, in pratica sanzioni regolamentate…

Pamini: Il Consiglio federale ci dice che le cose saranno più regolamentate… ma non son certo che sarà così, perché nel passato le autorità europee non sono state particolarmente gentili o di parola in questo ambito.

Gysin: I nuovi accordi ci garantiscono il diritto di dire no. Potremo discutere nei nostri processi democratici se adottare la legislazione europea, molto più consapevoli di quali sarebbero le conseguenze in caso di rifiuto.

Greta Gysin, l’importo di coesione sarà, oltre che vincolante, quasi triplicato.

Gysin: In una negoziazione bisogna sempre scendere a compromessi. L’esito sul contributo di coesione va forse un po’ a svantaggio della Svizzera. In altri ambiti invece abbiamo ottenuto quello che volevamo dall’Unione Europea. Bisogna giudicare l’equilibrio di tutto il pacchetto, non guardare a singole misure.

Paolo Pamini, la Sua idea di sovranità non è oramai illusoria per un paese esportatore come la Svizzera?

Pamini: Nessuno dell’UDC immagina una Svizzera autarchica con un muro attorno a sé. Ben al contrario. La soluzione per i rapporti economici coi paesi europei sta nell’accordo di libero scambio valido dal 1972. È una base legale sufficiente che ci garantisce l’assenza di dazi e facilita l’import e l’export di beni e servizi.

Ultima domanda sulla super ghigliottina, che nei nuovi accordi è sparita. Quanto cambia?

Pamini: È la logica conseguenza del no svizzero al primo risultato negoziale sull’accordo quadro. Ma cambia poco. Perché tutti gli accordi di accesso al mercato europeo è previsto il giudizio della Corte europea. Quindi in un certo senso l’elemento “ghigliottina”, seppur un po’ smussato, è rimasto.

Gysin: La super-ghigliottina voleva dire prendere tutto o lasciare tutto. Coi nuovi negoziati invece, se decidiamo di non avvallare uno degli accordi, gli altri rimangono comunque in essere. Io direi che questo è un grande passo avanti ed è un buon risultato da parte dei negoziatori svizzeri.

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