“Alla Svizzera serve un sistema più penetrante per combattere la mafia. Deve dotarsi di mezzi più efficaci per fare inchieste”. Così il magistrato antimafia italiano Nicola Gratteri - ospite a Lugano del Festival Endorfine - si è espresso ai nostri microfoni.
La lotta alla ‘ndrangheta è sempre più difficile, visto che ormai non è più solo nel settore privato. L’allarme lo aveva lanciato Nicoletta della Valle, direttrice della polizia federale, secondo cui la ‘Ndrangheta si è infiltrata nell’Amministrazione pubblica elvetica, come confermato dallo stesso Gratteri: “Sì, e più in generale va detto che le mafie votano e fanno votare. Non sono mai all’opposizione e cercano sempre di posizionarsi ovunque con il cavallo vincente; anche nell’amministrazione, come succede in altri Stati, ad esempio in Germania, o in Canada.”
“Più di 20 locali in Svizzera”
Sempre la polizia federale aveva dichiarato che nel nostro Paese ci sono venti locali di ‘Ndrangheta (ossia una struttura organizzata di cosche, che conta almeno 49 affiliati). Gratteri va però oltre a questa cifra: “Si dice venti perché si parla di quelli già accertati sul piano giudiziario, ma se si accertano venti locali sul piano giudiziario, si può moltiplicare tranquillamente il numero del punto di vista sostanziale, fattuale e storico”.
Una cifra al rialzo, dunque, secondo Gratteri. Ed anche se la collaborazione con la Svizzera, secondo il magistrato, è migliorata rispetto al passato, qualcosa in più si può fare: “Bisognerebbe avere il coraggio di creare un sistema più pregnante e corrispondente alla realtà. Bisogna soprattutto smettere di recitare la storia che qui la mafia non fa morti, non brucia serrande e macchine. Questi sono discorsi di 30 anni fa”. Infine, su nuove possibili inchieste che riguardano la Svizzera, non si sbilancia: "Del futuro non parlo, sarebbe un reato”.