Che il fumo faccia male non è una novità. Eppure, non sempre si parla delle patologie concrete che possono nascere dal consumo di sigarette. Il 15 novembre è la giornata mondiale della Bronco-Pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), una malattia che colpisce soprattutto i fumatori - ma non solo - e riguarda l’apparato respiratorio. Chi ne soffre fatica a respirare, poiché le vie aeree risultano ostruite in maniera irreversibile. In Svizzera i casi sono attualmente 400’000 e le vittime annue 4’000.
Una paziente affetta di BPCO, Marisa Taddei, racconta la sua dolorosa convivenza con la malattia. “Non riesco a respirare”, spiega la donna. Il suo percorso è iniziato otto anni fa. Inizialmente i sintomi erano stati sottovalutati e le era stata diagnosticata una normale tosse. Tosse che però non passava. Dopo un anno è arrivata la diagnosi.
“La malattia infiammatoria ha quattro stadi di gravità”, spiega Maurizio Bernasconi, medico e direttore del reparto di pneumologia dell’EOC. La severità dei sintomi varia e le terapie si adeguano a seconda delle necessità, ma non si guarisce. Non è da sottovalutare: “È la quarta causa di morte in Europa”. I rischi del tabagismo sono noti a tutti, ma i fumatori quotidiani rappresentano oggi il 26% della popolazione. Il trattamento primario nel fumatore è smettere di fumare. Se però insorgono dei sintomi esistono dei farmaci “broncodilatatori”. “Per i pazienti con BPCO molto grave si può valutare il trapianto polmonare”, spiega il medico Bernasconi..
Quando si arriva alla forma più grave di BPCO, le prospettive di vita diminuiscono in maniera decisiva. Per una paziente come Marisa, che ha fumato per cinquant’anni circa 30 al sigarette al giorno, la situazione è critica. È stata spesso ricoverata in ospedale per infezioni minori, perché il suo sistema immunitario si è drasticamente indebolito. Oggi ha smesso di fumare, ma non è sicura di riuscire a rimanere lontana dalla dipendenza. “Vivo giorno per giorno”, racconta. “Si fa ancora troppo poco per la prevenzione, a causa della forte influenza dell’industria del tabacco sulla nostra politica”, conclude il medico.