Buone prospettive per i laghetti di montagna ticinesi. Le recenti analisi svolte dal cantone sui laghi alpini evidenziano infatti un progressivo recupero dall'acidificazione delle acque, una tendenza positiva che permetterebbe una ripresa in termini di biologia. Lo ha annunciato venerdì il Dipartimento del territorio (DT). Questo miglioramento è soprattutto riconducibile alla riduzione delle emissioni di anidride solforosa, prodotta dalle attività antropogeniche aumentate massicciamente a partire dalla Rivoluzione industriale, che è il principale agente inquinante responsabile del disequilibrio presente nelle acque lacustri.
L’Ufficio dell'aria, del clima e delle energie rinnovabili (UACER) ha provveduto ad effettuare, nelle scorse settimane, i prelievi annuali delle acque di venti laghetti alpini ticinesi, per valutarne i principali parametri chimici. L’operazione di sondaggio rientra nel programma internazionale di cooperazione per la valutazione e il monitoraggio degli effetti dell'inquinamento atmosferico sulle acque superficiali (ICP Waters) ed è stata condotta su mandato dell'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM). Nonostante molti dei laghi oggigiorno analizzati non siano più acidi, non sono ancora state raggiunte le condizioni auspicabili, ovvero quelle preindustriali.
Caratteristiche dei rilevamenti
I prelievi svolti dall'UACER hanno interessato diversi parametri dell'acqua, tra cui il pH, la conducibilità e l’alcalinità, e hanno valutato la presenza di sostanze quali il calcio, il magnesio, il sodio, il potassio, solfato, nitrato, ammonio, nitrito, cloruro, fosforo, carbonio organico disciolto, silice e alcuni metalli. I sondaggi sono stati effettuati nei seguenti laghetti alpini: Lago del Starlaresc da Sgiof, Lago di Tomè, Lago dei Porchieirsc, Lago Barone, Laghetto Gardiscio, Lago della Capannina Leit, Lago di Morghirolo, Lago di Mognòla, Laghetto Inferiore, Laghetto Superiore, Lago Nero, Lago della Froda, Laghetto d'Antabia, Lago della Crosa, Lago d'Orsalìa, Schwarzsee, Laghi dei Pozzöi, Lago di Sfille, Lago di Sascòla, Lago d'Alzasca.
L’acidificazione delle acque superficiali dei laghi
Il fenomeno dell'acidificazione delle acque superficiali è causato dall'inquinamento atmosferico e ha avuto il suo apice negli anni Ottanta del Novecento, con importanti effetti sulla biologia dei laghi. Una eccessiva acidità delle acque può portare ad una riduzione della diversità senza cambiamenti della biomassa totale ma può potare, nei casi più estremi anche all'eliminazione di tutti gli organismi.
Laghetti alpini in ripresa
SEIDISERA 09.12.2022, 19:43
Contenuto audio
Al contrario, nella maggior parte dei laghi, le concentrazioni di solfato e nitrato - principali parametri atti a determinare l'alcalinità delle acque - sono diminuite fino al 2010 circa per poi stabilizzarsi. S’ipotizza quindi che, a corto termine, anche il pH e l'alcalinità cesseranno di aumentare, stabilizzando la situazione attuale e impedendo la continuazione del recupero dall'acidificazione. Considerato che le deposizioni di solfato hanno raggiunto livelli molto bassi, un ulteriore recupero dall'acidificazione, e quindi un miglioramento delle condizioni delle acque lacustri, sarà in seguito possibile unicamente con un’ulteriore diminuzione delle emissioni degli ossidi di azoto.
I laghetti alpini
I laghetti alpini sono considerati dei gioielli del panorama montano. Si tratta di ecosistemi estremi caratterizzati da temperature basse, povertà di nutrienti, lunghi periodi di oscurità invernale seguiti da un breve periodo con radiazione ultravioletta molto elevata. Questi laghetti nati nell'era post-glaciale sono presenti sul territorio da migliaia di anni, altri invece si sono formati in tempi più recenti, quale conseguenza del ritiro dei ghiacciai.
Rispetto ai corpi d'acqua che si trovano ad altitudini interiori, i laghi di montagna sono caratterizzati da una minore diversità biologica. Per questa ragione, si tratta di ecosistemi particolarmente sensibili alle attività antropogeniche. E se da un lato possiamo considerare praticamente risolto il problema delle piogge acide, dall'altro le deposizioni di azoto sono tuttora elevate e gli effetti del cambiamento climatico si cominciano appena ad intravedere. Inoltre la nostra del Cantone ad un grande centro industriale come quello della Lombardia comporta che le impronte delle attività umane abbiano un effetto anche ad altitudini molto elevate.
Gli effetti dell'intervento umano
A partire dall'inizio della rivoluzione industriale, il continuo aumento del consumo di energia fossile ha causato un aumento delle emissioni di anidride solforosa e di ossidi di azoto. Nell'atmosfera, questi gas possono trasformarsi in acido solforico e acido nitrico, causando precipitazioni acide.
Anche le emissioni di ammoniaca provenienti da un’agricoltura sempre più intensiva contribuiscono all'acidificazione del suolo e dell'acqua. La composizione chimica di un corpo d’acqua è infatti il risultato di una serie di complesse interazioni tra la deposizione atmosferica e la roccia. Maggiore è lo strato di suolo e la presenza di rocce carbonatiche, maggiore sarà la capacità del bacino imbrifero di tamponare l’acidità delle deposizioni.
Molti dei nostri laghi alpini, che sono circondati da rocce cristalline (granito, gneiss), hanno una capacità di neutralizzare l'acidità delle piogge molto bassa e sono perciò considerati sensibili all'acidificazione. Si ritiene, inoltre, importante segnalare che, di per sé, anche piogge non contaminate sono acide. Infatti, l'acqua distillata in equilibrio con le concentrazioni di anidride carbonica dell'atmosfera avrebbe un pH pari a 5.65. Pertanto, se un lago alpino si trova circondato da sole rocce cristalline, senza suolo (tipico dei laghi situati ad altitudini molto elevate), il naturale pH del lago non potrà essere di molto maggiore.
E il cambiamento climatico?
In tempi più recenti, anche il cambiamento climatico ha avuto un ruolo decisivo, modificando l'ecosistema dei laghetti. In particolare, il graduale scioglimento dei ghiacciai rocciosi e delle nevi perenni espongono alle intemperie nuove superfici rocciose che contengono minerali degradabili, in grado di raggiungere le acque superficiali.
L'innalzamento della temperatura porta inoltre ad un cambiamento della copertura dei suoli, con una migrazione verso altitudini più alte di molte specie vegetali.
Infine, a causa degli inverni sempre più corti e miti, il periodo vegetativo si sta allungando. Questi fattori potrebbero portare ad un aumento della percentuale di azoto trattenuto nei bacini imbriferi e, di conseguenza, ad una diminuzione delle concentrazioni di azoto nelle acque superficiali. Diversamente, i modelli climatici prevedono in futuro precipitazioni meno frequenti ma più intense che potrebbero causare esattamente il contrario, cioè una diminuzione del quantitativo di azoto trattenuto dai suoli e di conseguenza un aumento delle concentrazioni di azoto nelle acque superficiali.
I laghetti alpini si sono ripresi
Il Quotidiano 09.12.2022, 20:00