Il nuovo contratto collettivo di lavoro (CCL) nazionale per gli addetti alle stazioni di servizio è contestato dalla neocostituita Associazione Ticinese Stazioni di Servizio (ATTS) che non solo ritiene eccessivo il salario minimo a 3'600 franchi e punta, invece, al CCL cantonale della vendita (non ancora in vigore e che prevede un salario minimo di 3'200 franchi).
Il CCL nazionale - di cui potrebbero presto beneficiare i dipendenti dei negozi annessi ai distributori di benzina - è dunque motivo di scontro tra padronato ticinese e quello svizzero. Tanto che quattro dei sei ricorsi contro il CCL nazionale provengono proprio da membri dell'ATTS.
A far discutere è il salario minimo previsto, che entrerebbe in vigore in primavera: 3'600 franchi nei cantoni di frontiera (3'700 negli altri). La cifra è considerata equa per sindacati e associazione di categoria a livello nazionale, mentre viene contestata, perché considerata troppo elevata, dalla ATTS, presieduta dall'imprenditore Matteo Centonze.
Ci sono voluti 5 anni di discussioni per arrivare a un accordo tra sindacato e padronato. Ora tutto rischia di saltare. Sconcertati i vertici dell'associazione mantello a livello nazionale, l’Associazione gestori negozi delle stazioni di servizio in Svizzera (AGSS), che accusano Matteo Centonze - proprietario di molte stazione di servizio ticinesi - di fare i propri interessi a scapito di tutto il settore.
Da noi contattato, Matteo Centonze, ha preferito non commentare. Ma il comunicato odierno dell'ATTS parla chiaro: la volontà è quella di far rientrare le stazioni di servizio nel futuro CCL cantonale della vendita, legato alla nuova legge sull'apertura dei negozi, che prevede un salario minimo di 3'200 franchi. Un'ipotesi questa, che il direttore delle finanze e dell'economia Christian Vitta conferma essere possibile.
CSI/M. Ang.
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