La messa a disposizione di un punto di ritiro presso la Protezione civile di Rivera e una retribuzione di 4 franchi al chilo sono le misure centrali del progetto pilota avviato dal Cantone per incentivare la caccia al cinghiale. L’obiettivo? Valorizzare la selvaggina locale e, soprattutto, rendere più difficile la diffusione della peste suina africana quando arriverà in Ticino.
“La caccia non è mai la conseguenza di una necessità, ma ha altri fini” ci spiega Davide Corti, presidente della Federazione ticinese dei cacciatori, aggiungendo che, in questo caso, i cacciatori sono felici di “mettere a disposizione il proprio sapere per far fronte a delle necessità particolari, come sono la peste suina e il contenimento dei predatori”.
Il meccanismo alla base del progetto è semplice: una volta che il cacciatore ha soddisfatto il proprio fabbisogno personale, può continuare a coltivare la sua passione contribuendo allo stesso tempo al contenimento futuro del contagio: “La possibilità di consegnare quella che comunque è carne di qualità incentiva il cacciatore ad andare a caccia fino agli ultimi giorni”, aggiunge Corti, ricordando che, grazie ad una caccia aggiuntiva rispetto agli anni precedenti, nel 2023 e nel 2024 sono stati già abbattuti oltre 1’200 esemplari.
Sul fronte lupo, invece, non si registrano ancora abbattimenti da parte dei cacciatori, ma Corti chiarisce: “Non è un mancato risultato; semplicemente occorrono più tentativi”.