L’azienda ticinese di food delivery Divoora e i sindacati avevano avviato una procedura di conciliazione coinvolgendo il cantone. Oggi, giovedì, dopo circa sei mesi, il sindacato UNIA ha tuttavia annunciato il fallimento della procedura dopo che l'azienda ha sottoposto ai dipendenti un nuovo contratto che - secondo il sindacato - non fa altro che mettere nero su bianco condizioni di lavoro ritenute inaccettabili.
“L’azienda ritiene che questo contratto sia migliorativo, ma noi lo contestiamo”. Si esprime così ai microfoni di SEIDISERA Chiara Landi di UNIA, che insieme al collega Giangiorgio Gargantini, ha seguito la procedura di conciliazione. “In molti articoli si ribadisce il fatto che il tempo di lavoro è considerato solo quello dalla presa a carico dell’ordine fino alla consegna al cliente, e che quindi è come se il lavoratore dovesse rinunciare al tempo di attesa come tempo di lavoro”, aggiunge Landi.
L'articolo 3.2 recita infatti: "Di comune accordo i contraenti pattuiscono che il tempo tra un servizio e l'altro non è da considerarsi tempo d'attesa, di prontezza o di disponibilità”.
Diversi dipendenti hanno però già firmato questo nuovo contratto. “Purtroppo, hanno bisogno di lavorare – sottolinea la sindacalista –. Ma è importante ribadire che nonostante firmino il contratto, hanno sempre la possibilità di rivendicare ciò che spetta loro di diritto e di ottenere giustizia.
Un altro punto critico evidenziato dai sindacati è quello legato al rimborso delle spese. “Con questo nuovo contratto è stato toccato un picco molto basso su questo tema – aggiunge Landi –. Per un rimborso spesa relativo all’uso lavorativo del veicolo privato, propone dei rimborsi pari a 0.16, 0.17 o 0.18 franchi al chilometro”.
Il riferimento medio previsto dal TCS è di 70 centesimi al chilometro. Non è inoltre previsto, contrariamente a quanto indica il codice delle obbligazioni per quanto concerne l'utilizzo della propria automobile, il rimborso di alcune spese assicurative o delle tasse pubbliche sul veicolo.
Rappresentanza sindacale
Questo nulla di fatto può dipendere da una rappresentanza sindacale debole? “Avevamo 40 mandati la prima volta che abbiamo incontrato l’azienda – risponde Giangiorgio Gargantini –; avevamo proposto di farli verificare dal notaio ma non ce lo hanno richiesto. A dicembre lo sciopero ha paralizzato l’attività di Divoora su tutto il territorio. Per questa procedura di conciliazione era necessario presentare cinque mandate e ne abbiamo presentati nove”.
Adesso si attende la fine delle indagini che sta portando avanti l'ispettorato del lavoro, ma UNIA intende rivolgersi anche alla pretura. Nel frattempo, il lavoro dell'azienda prosegue, azienda che ha addirittura iniziato a diversificare la sua attività.
“Stando alle informazioni di qualche settimana fa, Divoora lavora anche consegnando altri prodotti oltre al cibo – spiega Gargantini a questo proposito – e questo mette l’azienda nell’obbligo di rispettare la legge sulla posta, che prevede un obbligo di notifica presso l’autorità federale. Abbiamo constatato che Divoora non risulta sulle liste pubblicate finora, come invece è il caso per altre ditte di delivery. L’obbligo di notifica prevede tra le altre cose quello di negoziare un contratto collettivo con i rappresentanti del personale, quindi aspettiamo che l’azienda ci contatti per farlo”.
L'azienda per ora non prende posizione
La RSI ha provato a contattare l'azienda, ma per il momento Divoora preferisce non rilasciare nessun commento. Stesso discorso per quanto concerne il presidente dell’Ufficio cantonale di conciliazione, Christian Vitta.