Ticino e Grigioni

Ex Macello: i dubbi della Corte dei reclami penali

L'inchiesta sulla demolizione è da rifare per "colmare le carenze". La sentenza esprime perplessità sul reale stato di necessità

  • 29 giugno 2023, 18:59
  • 17 agosto 2023, 10:19
Le macerie dell'ex Macello a Lugano

Le macerie dell'ex Macello a Lugano

  • Archivio Tipress
Di: SEIDISERA/John Robbiani - Marcello Ierace/ARi

Qual è la portata della decisione con cui la Corte dei reclami penali (CRP) ha imposto la riapertura dell'inchiesta sulla demolizione dell'ex Macello di Lugano? E cosa implica per la polizia e il Municipio?

La decisione della CRP, è ormai risaputo, sancisce l'annullamento del decreto d'abbandono che, sulla vicenda, era stato disposto un anno e mezzo fa dal procuratore generale Andrea Pagani. Il tribunale ha quindi chiesto alla procura una lunga serie di approfondimenti finalizzati, citando la sentenza, a "colmare le carenze riscontrate nell'inchiesta". Il decreto d'abbandono, scrive il giudice Nicola Respini, è stato prematuro. E a giudizio della corte mancano molti documenti che Pagani non ha acquisito.

Demolizione macello, un'indagine da ricostruire

Il Quotidiano 29.06.2023, 19:00

C'è in particolare un elemento su cui si impernia la richiesta dei complementi d'inchiesta. Va maggiormente provato uno dei punti principali che hanno indotto Pagani a chiudere il caso: l'aver agito, da parte delle autorità, in stato di necessità. Gli imputati, ricordiamo, erano due: Lorenzo Hutter, vicecomandante della polizia cantonale che la sera della demozione era capo intervento, e la municipale Karin Valenzano Rossi, capo dicastero polizia. Le accuse erano di abuso d'autorità e danneggiamento. Ora, Pagani aveva sì rilevato carenze importanti nell'operato della polizia, ma non elementi di rilevanza penale. E questo perchè, secondo il procuratore, le carenze erano da ricondurre a problemi di comunicazione fra gli ufficiali sul terreno. Ma in ogni caso, sempre per Pagani, anche eventuali reati decadevano per il fatto che le forze dell'ordine avevano deciso di procedere alla parziale demolizione in uno stato di necessità: ossia nel timore che gli autogestiti, tentando di rioccupare l'edificio, salissero sul tetto, causandone il cedimento e mettendo a repentaglio le loro vite.

SEIDISERA

SEIDISERA 29.06.2023, 18:00

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Su questo punto vertono le perplessità della CRP: lo stato di necessità, a norma di legge, può essere ponderato solo se non esiste altro modo per evitare che il pericolo si determini. E secondo Respini le indagini del procuratore non sono riuscite a provare a sufficienza questo elemento. Andranno quindi chiariti vari aspetti: dall'effettiva pericolosità del tetto, fino al reale pericolo di una rioccupazione dello stabile. E qui Respini ravvisa incongruenze in una comunicazione della polizia: si dice, ad esempio, che gli autogestiti potenzialmente aggressivi erano una quarantina e che la polizia non avrebbe avuto difficoltà a tenerli a bada. Ma gli autogestiti erano stati bloccati a Molino Nuovo, dove avevano occupato ore prima l'immobile ex Vanoni. E il giudice si chiede se il fatto di averli bloccati per diverse ore non abbia contribuito a esacerbare gli animi.

Tutti i municipali, inoltre, affermano di non aver mai, fino a quella sera, sentito parlare della necessità di demolire il tetto, tantomeno di demolire tutto lo stabile. Ma perchè allora la polizia diede l'ordine di abbattere tutto? Secondo Respini è difficile credere che questa soluzione fosse improvvisamente adottata in una situazione di stress, e con piani di sgombero pronti da almeno 3 mesi.

L'intervista integrale a Karin Valenzano Rossi

RSI Ticino e Grigioni 29.06.2023, 18:30

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La decisione della CRP, in buona sostanza, riporta Hutter e Valenzano Rossi nella lista degli indagati. Per quanto riguarda Hutter l'avvocata Maria Galliani ha fatto sapere di non voler prendere posizione, vista l'inchiesta pendente. "A noi è stato indicato l'eventuale abbattimento di un tetto, e poi è stato demolito uno stabile intero", ha invece per parte sua dichiarato Karin Valenzano Rossi, sottolineando che "non siamo stati noi come Municipio, l'abbiamo sempre detto... Noi abbiamo detto che per ragioni di sicurezza e incolumità delle persone ci era stata prospettata la possibilità di demolire un tetto. Noi quello abbiamo autorizzato e di nuovo emerge che c'è stata una gran confusione rispetto a quale fosse effettivamente la parte da eventualmente abbattere per la sicurezza delle persone", ha aggiunto ai nostri microfoni.

Ma la municipale era a conoscenza di questa ipotesi di demolizione? Non era stata messa a conoscenza dal resto del Municipio? "Io a marzo non c'ero e a me non è stato mai detto che ci sarebbe stata un'ipotesi di demolizione di un intero stabile". E questo, precisa Valenzano Rossi, "neanche nei giorni precedenti la demolizione" e "soprattutto non nel rapporto che mi è stato mandato per andare a prendere le decisioni in Municipio". La municipale tiene anche a sottolineare che nei suoi confronti non sono stati ordinati atti istruttori aggiuntivi.

Da rilevare però che Michele Foletti, come riporta la sentenza, aveva ribadito di "non aver mai sentito parlare della demolizione dello stabile prima del 29 maggio 2021 alle ore 21.25". E neppure in occasione della seduta municipale di due giorni prima. L'attuale sindaco aveva quindi evocato il dubbio che "Borradori e Valenzano Rossi non ne abbiano fatto cenno in Municipio, per evitare che lo venisse a sapere Cristina Zanini Barzaghi", la quale, ha sempre sostenuto Foletti davanti alla procura, "è in contatto con ambienti vicini al CSOA". "Ritengo", aggiungeva Foletti, "che lei sapesse che alcune persone abitavano nello stabile F, ma non ne ha mai parlato in Municipio".

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