Si va verso un decreto di abbandono nell’ambito dell’inchiesta sulla demolizione di parte dell’ex Macello di Lugano, dove si trovava la sede del centro sociale Il Molino. Lo ha comunicato il Ministero pubblico, specificando che “le parti nel procedimento penale sono state informate della imminente chiusura dell’istruzione”.
Il procuratore generale Andrea Pagani aveva aperto un'inchiesta contro ignoti per abuso di violazione intenzionale, subordinatamente colposa, delle regole dell'arte edilizia, infrazione alla Legge federale sulla protezione dell'ambiente, abuso di autorità e danneggiamento. "È stato fissato un termine prorogabile con scadenza al 5.11.2021 per presentare eventuali istanze probatorie", si legge in un comunicato.
Gli autogestiti tornano a far sentire la voce
Il Quotidiano 23.10.2021, 21:00
La demolizione dopo la manifestazione
I fatti si svolsero tra il 29 e il 30 maggio scorsi: la demolizione era stata effettuata nel solco della decisione di sgomberare il centro sociale, dopo che alcuni dei partecipanti alla manifestazione pacifica del 29 maggio per le vie del centro città penetrarono per un’occupazione, temporanea, negli stabili dell’ex istituto Vanoni in Via Simen. Nei giorni successivi, le analisi avevano inoltre fatto emergere la presenza di amianto e altri materiali tossici tra le macerie, ma non in quantità sufficiente da presentare un pericolo per la popolazione.
La demolizione segnò la fine della presenza del centro sociale in Viale Cassarate, iniziata il 18 dicembre 2002 quando il Molino si trasferì all'ex Macello dopo lo sgombero del Maglio a Canobbio dove era arrivato nel 1997, a seguito dell'incendio degli ex Molini di Viganello che erano stati occupati il 12 ottobre 1996. Subito dopo l’entrata in azione delle ruspe, erano sorti numerosi interrogativi su chi avesse avallato l’operazione, domande che avevano minato anche l’unità politica della città.
“La demolizione dell'ex Macello non era un'opzione sul tavolo: la soluzione è stata indicata per ragioni di sicurezza durante le operazioni di sgombero e il Municipio ha dato il suo nullaosta”, dichiarò ai nostri microfoni la capodiscastero sicurezza Karin Valenzano Rossi. I municipali Roberto Badaracco e Cristina Zanini non erano però stati interpellati, dato che avevano già precedentemente dichiarato la loro contrarietà alle operazioni correlate allo sgombero: una mancanza di dialogo oggetto di forti critiche in seno al Municipio. Municipio che fece poi un parziale marcia indietro, sostenendo che l’intervento prospettato doveva essere di natura minore e che concerneva solo il tetto e che quindi l’opzione di abbattimento integrale non era mai stata sottoposta all’Esecutivo.
Stando a quanto appreso nel frattempo dalla RSI, l’ipotesi di un ricorso alle ruspe fu avanzata però già quasi tre mesi prima dei fatti e questo in uno scambio di e-mail girate all’interno della polizia comunale e poi inviate alla cantonale. Nei messaggi venne anche affrontato il tema della licenza edilizia, generalmente necessaria per simili interventi.
La demolizione fu quindi considerata e messa nero su bianco con largo anticipo, ma resta da capire se l’opzione venne comunicata al Municipio, il quale lo ha tuttavia sempre negato fermamente. Cinque municipali vennero inoltre ascoltati dalla procura, come persone informate sui fatti.
Chi decise di demolire l’ex Macello? E quando esattamente? Ci si aspettano comunque risposte dalla conclusione di questa inchiesta, anche in assenza di conseguenze penali.
La polizia ipotizzò la demolizione del Macello a metà marzo
Il Quotidiano 29.07.2021, 21:30