Chi decise di demolire l’ex Macello? E quando, esattamente? Sono le due domande attorno alle quali ruota l’inchiesta penale avviata per far luce su quanto accaduto a Lugano nella notte tra il 29 e il 30 maggio scorsi. L’ipotesi di un ricorso alle ruspe – si è appreso giovedì – fu avanzata già quasi tre mesi prima.
Dalle indagini sono spuntate infatti alcune mail risalenti alla metà di marzo; al periodo in cui, dopo i tafferugli scoppiati in stazione, il Municipio intimò lo sgombero ai molinari. Mail importanti, secondo gli inquirenti, girate all’interno della polizia comunale e poi inviate alla cantonale. Venne affrontato anche l’aspetto della licenza edilizia, generalmente necessaria per effettuare simili interventi.
La demolizione dello stabile fu insomma considerata eccome. Nero su bianco, e con largo anticipo; non solo la sera stessa del 29 o nell’imminenza della manifestazione.
Resta da capire se l’opzione venne a sua volta ventilata al Municipio. Cosa che l’Esecutivo nega fermamente, come espresso nel comunicato diffuso il 10 giugno. I contenuti delle mail di cui si è detto sono stati sottoposti, durante gli interrogatori, ai cinque municipali sentiti un mese fa come persone informate sui fatti.
La loro posizione processuale non è cambiata. Impossibile, invece, sapere se il procuratore generale Andrea Pagani abbia modificato quella di uno o più poliziotti. Se nel frattempo siano cioè diventati indagati. Nessuno ha voluto confermare o smentire le indiscrezioni circolate al riguardo.
I reati ipotizzati sono – come noto – l’abuso di autorità, la violazione delle regole dell’arte edilizia e l’infrazione alla legge federale sulla protezione dell’ambiente.
La polizia ipotizzò la demolizione del Macello a metà marzo
Il Quotidiano 29.07.2021, 21:30