Da pochi giorni la vendita sfusa di alcuni medicamenti è obbligatoria in tutte le farmacie svizzere. Una misura imposta dalla task force federale per gli agenti terapeutici per fronteggiare la penuria di farmaci come gli antibiotici, che sta però creando malumori tra i farmacisti. Troppo bassa - secondo loro - la remunerazione di 5 franchi per il lavoro supplementare che prevede divisione delle pastiglie, riconfezionamento in una nuova scatola e informazioni per la tracciabilità del farmaco.
“Normalmente in Svizzera possiamo scegliere tra diversi tipi di confezioni e quindi possiamo già adattare il dosaggio alla terapia del paziente. La vendita sfusa comporta tanto lavoro in più e al momento questo lavoro extra viene pagato solamente 5 franchi. E in più ci assumiamo una bella responsabilità. Non è più il produttore a essere responsabile, ma la persona che ha tolto i farmaci dalla confezione e non è semplice garantire la tracciabilità e la qualità del farmaco”, afferma Martine Ruggli presidente di Pharmasuisse che non vede la vendita di medicinali sfusi come una soluzione a lungo termine.
Ticino pioniere nella vendita di antibiotici sfusi
La vendita sfusa in Ticino è una realtà che esiste già da tempo. Nel 2018 si era avviata una fase di sperimentazione per una ragione diversa dalla penuria di farmaci. L'obiettivo era combattere la resistenza agli antibiotici: consegnando la dose esatta di farmaco prescritta dal medico si evita che il paziente possa poi usare in futuro le pastiglie restanti nella confezione senza ricetta.
A questo test avevano aderito metà delle farmacie ticinesi e l'hanno fatto su base volontaria perché allora non era prevista nessuna retribuzione per il lavoro supplementare. La vendita sfusa è stata interrotta solamente con l'arrivo del Covid-19, che ha messo sotto pressione le farmacie.
A livello federale è stato fatto uno studio pilota a Neuchâtel durante la pandemia, proprio per testare la fattibilità a lungo termine di questo sistema. Berna a questi dati ha poi aggiunto quelli ben più corposi derivanti dall'esperienza ticinese (circa 3'000 ricette). Per il Consiglio federale lo studio ha mostrato una buona fattibilità di base con alcuni punti da chiarire, in primis proprio la fatturazione del lavoro supplementare.
"È chiaro che bisogna risolvere anche il problema di come remunerare il farmacista per il lavoro supplementare", asserisce il farmacista cantonale Giovan Maria Zanin, che ci tiene a sottolineare come i costi che dovranno sostenere le farmacie - e di conseguenza anche i clienti - siano irrilevanti di fronte ai benefici di questo tipo di vendita.
Farmaci sfusi contro la penuria
SEIDISERA 28.03.2023, 18:23