Si avvicina la Giornata della memoria (27 gennaio) e il concerto dell’Orchestra Filarmonica Israeliana in programma questo giovedì 23 gennaio al LAC di Lugano ha suscitato una serie di reazioni contrastanti che riflettono la tensione crescente in molteplici contesti culturali e politici. Ferocemente contrario, un organismo quale il “Coordinamento Unitario a sostegno della Palestina” che ha inviato qualche giorno fa una lettera “di fuoco” al Municipio di Lugano, chiedendo di annullare l’evento musicale. È evidente quindi la difficoltà di affrontare le attuali sfide politiche e culturali in un mondo sempre più polarizzato.
“In un contesto come quello attuale la cultura deve avere due funzioni”, spiega il direttore artistico del LAC sezione Musica, Andrea Amarante, ai microfoni della RSI. “Da un lato deve preservare la propria autonomia rispetto alle ideologie politiche e dall’altro deve favorire il dialogo, soprattutto in situazioni di conflitto come questa. In particolare la musica: sappiamo che è un linguaggio universale, capace di connettere le persone al di là delle differenze e delle divisioni geopolitiche, offrendo un terreno neutrale per la riflessione e il confronto. Da questo punto di vista, credo che ospitare il concerto della Orchestra Filarmonica al LAC sia assolutamente coerente con questa visione”.

“La cultura non può e non deve essere strumentalizzata”, prosegue Amarante. “E l’arte, d’altra parte, non ha bisogno di giustificazioni, perché il suo valore risiede nella sua capacità di opporsi al disumano e non di giustificarlo. In questa luce devo ribadire che il concerto non è un atto politico, ma è un’opportunità per riaffermare il potere della cultura e della musica come strumento di riconciliazione”.
“La libertà di espressione”, aggiunge il direttore artistico, “è il fondamento di ogni altra libertà. Sappiamo benissimo che si tratta di un principio fondamentale sancito dall’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, che garantisce a tutti il diritto di esprimersi liberamente attraverso parole, opere e azioni, purché ciò non leda i diritti altrui. Nel contesto artistico, questa libertà assume un valore ancora più profondo perché ci permette di esplorare delle idee complesse, esprimere emozioni e stimolare il dialogo. È chiaro che il dissenso e la critica sono sempre legittimi. L’Orchestra Filarmonica di Israele ne ha vissuti molti nel corso della sua storia. Li conosciamo molto bene, ma il dissenso e la critica non dovrebbero mai impedire ad altri di fruire di un’espressione culturale. Ribadisco che la scelta di far esibire l’Orchestra Filarmonica di Israele non rappresenta e non implica alcuna presa di posizione politica, ma semplicemente rappresenta la difesa del diritto di ogni artista di esprimersi”.
Il LAC “opera sulla base di principi che privilegiano la pluralità culturale, l’inclusività e l’autonomia artistica”, conclude Amarante. “Questi criteri sono fondamentali per garantire che l’offerta culturale rimanga in uno spazio neutro, aperto al confronto e alle diversità. Nel caso specifico, il LAC ha scelto di ospitare l’orchestra non per avvallare alcune teorie politica, ma per onorare una tradizione musicale di altissimo livello. Noi sappiamo che l’Orchestra Filarmonica d’Israele è nata come la risposta diretta alle persecuzioni naziste, trasformando la musica in un’espressione di resilienza e di affermazione dell’umanità sopravvissuta agli orrori della Shoah. Solo in questo senso l’Orchestra può essere considerata un simbolo di Israele e non certo un emissario del governo di Israele, da cui peraltro non riceve alcun sostegno economico”.