Se cercate Daniele Foletti, probabilmente lo trovate nel suo garage. Ma non aspettatevi attrezzi, gomme invernali o biciclette impolverate: il suo è un vero e proprio museo della birra, con centinaia di calici e bicchieri, bottiglie, insegne smaltate, vecchie etichette, tappatrici, manifesti pubblicitari. Collezionista instancabile e ricercatore curioso, Foletti ha passato anni a rovistare negli archivi e nei mercatini, alla ricerca delle tracce di un’epoca ormai svanita. E iI frutto di questa ricerca è Birrifici storici ticinesi (Fontana Edizioni), un libro che riporta alla luce una storia tanto affascinante quanto poco conosciuta.
Vino e birra, invenzioni antiche
Setteventi 12.12.2024, 07:20
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La prima fabbrica di birra ticinese
Una storia che non comincia in città, ma in un angolo remoto della Leventina, a Piotta, nel 1792, quando un certo Cipriano Antonio Piccoli fonda la prima fabbrica di birra ticinese. Per tenere fresca la produzione, costruisce una ghiacciaia scavata nella montagna e ogni inverno, con fatica titanica, sale fino al lago Ritom per tagliare blocchi di ghiaccio e trasportarli a valle su una slitta. È una scena da romanzo, ma è tutto vero. E funziona. Sarà poi il nipote Carlo, detto Biratin, a portare avanti il sogno, spingendosi fino all’Impero austro-ungarico per studiare i segreti della fermentazione.
La birra, fino ad allora quasi sconosciuta nel Ticino del vino, comincia lentamente a farsi strada. Nel 1835 arriva a Bellinzona, dove il birraio Federico Majer apre uno stabilimento in contrada Magoria. Senza elettricità e senza animali da soma, si ingegna come può: piazza il suo grosso cane dentro la ruota del macchinario per impastare il malto e lo fa correre sui raggi.
L’arrivo della ferrovia e l’epoca d’oro della birra in Ticino
In quei primi anni, però, la birra non convince tutti. I ticinesi restano fedeli al vino, spesso di qualità scadente e pieno di sostanze chimiche. A bere birra sono soprattutto gli stranieri, che iniziano a popolare i caffè eleganti e le terrazze dei grandi alberghi. Poi arriva la ferrovia. E tutto cambia. È l’inizio di un’epoca d’oro. Nel 1878 aprono la birraria Bonzanigo-Jauch a Bellinzona e la Fratelli Brunetti a Dangio, in valle di Blenio. Nel 1895 nasce a Lugano la Vassalli & Schlee, produttrice della leggendaria birra Lugano. E nel 1899, a Balerna, viene fondata la Fabbrica Birra Breggia. In pochi decenni, il Ticino si riempie di birrifici, botteghe, bar, fabbriche a conduzione familiare. E attorno a ogni birrificio nasce un piccolo mondo.
Come racconta Foletti, produrre birra significava attivare un’intera filiera: servivano bottai, ghiacciaioli, banconieri specializzati nella costruzione di banchi refrigerati su misura. Decine, centinaia di persone potevano trovare lavoro grazie a una birra ben fatta.

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La crisi dei piccoli birrifici locali
Anche la bionda vive il dramma del Novecento. Con la Prima guerra mondiale i prezzi delle materie prime salgono alle stelle e molti birrifici chiudono. Le grandi birrerie confederate, ben attrezzate e aggressive sul piano commerciale, iniziano a conquistare osti e ristoratori ticinesi con prezzi più bassi e garanzie di fornitura. I piccoli produttori, spesso a conduzione familiare, si ritrovano schiacciati. Dopo due o tre generazioni, molti decidono di vendere.
La grande stagione della birra ticinese si chiude così, in silenzio. Ma forse non del tutto. Perché negli ultimi anni, sparsi tra le valli e le periferie urbane, sono nati decine di microbirrifici. Spesso in piccoli locali, rustici riadattati, ex officine. Progetti coraggiosi, pieni di passione. Proprio come quello di Cipriano Antonio Piccoli, a Piotta, con la sua ghiacciaia e la slitta.
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