“Assolti perché il fatto non sussiste”. Così si è pronunciata la Corte di appello di Reggio Calabria che ha scagionato tre dei 12 imputati nel processo scaturito dall’operazione Helvetia, dopo che in prima istanza erano stati condannati a pene comprese tra gli 8 e 12 anni.
Un processo che arriva a tre anni dalle immagini della bocciofila nel canton Turgovia. Immagini che avevano fatto il giro del mondo. In questo caso si parlava di droga armi e estorsioni.
L’operazione aveva sgominato la cosiddetta cellula di Frauenfeld, da 40 anni radicata nel nostro Paese. Gli arrestati in Svizzera vennero estradati in Italia per il processo. E ora tre sono stati prosciolti in appello. Gli altri nove saranno giudicati il prossimo 4 novembre.
La Corte avrà 90 giorni per depositare le motivazioni della sentenza. Ma sembra chiaro che le assoluzioni arrivano dopo la decisione del novembre scorso della Corte di Cassazione, quando prosciolse i due boss della locale di Frauenfeld.
Secondo i giudici non c’erano prove che fuori dalla Calabria i due avessero fatto leva sulla violenza e l’intimidazione per imporre il proprio metodo criminale. Cavilli giuridici dunque per alcuni esperti. Ma di fatto la sentenza si dimostra un precedente pericoloso per i processi a venire sulla infiltrazioni all’estero.