Le condanne sono annullate perché i fatti non sussistono. Così la Corte di Cassazione, il massimo organo giuridico in Italia, si è espressa venerdì sul caso di Raffaele Albanese e Antonio Nesci, due soggetti condannati in passato rispettivamente a otto e dieci anni di carcere per associazione per delinquere di stampo mafioso, in quanto ritenuti due vertici della "cosca" di Frauenfeld.
RG 18.30 del 29.11.19: il servizio di Thomas Paggini con le considerazioni dell’avvocato Emanuele Maria Genovese
RSI Info 29.11.2019, 19:32
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A riferirlo alla RSI sono i difensori Emanuele Genovese e Giovanni Vecchio, che parlano di una sentenza "storica", in quanto dimostrerebbe che l'organizzazione che si era costituita nel canton Turgovia non era una cellula di 'ndrangheta. "Oggi si è scritta una sentenza storica perché si è certificato quanto sostenuto dalla difesa fin dalla fase delle indagini preliminari: l’organizzazione svizzera non è un’associazione mafiosa", dichiara Vecchio.
La decisione della Suprema Corte, di cui si conosceranno maggiori dettagli lunedì, stabilisce anche l'immediata liberazione di Albanese e Nesci, e annulla le condanne senza possibilità di rinvio.
Le immagini della riunione nel ristorante di una bocciofila nei pressi di Frauenfeld diffuse nel 2014 dai carabinieri di Reggio Calabria avevano fatto il giro del mondo: 15 persone sedute intorno a un tavolo discutevano di droga, armi ed estorsioni e recitavano i rituali di affiliazione alla 'ndrangheta. Il video era emerso nell'ambito dell'operazione antimafia "Helvetia", che aveva scoperchiato una diramazione in territorio svizzero dell'organizzazione criminale calabrese.
Ma secondo i difensori, queste riunioni non presupponevano metodi intimidatori o estorsivi tipici della criminalità organizzata, né la manifestazione del proprio potere sulla comunità circostante - in questo caso, di Frauenfeld. Un'interpretazione, questa, che sembrerebbe accolta dalla Corte di Cassazione (per conoscere le motivazioni bisognerà ancora attendere), e che potrebbe quindi avere ripercussioni a cascata sugli altri processi sulle mafie in Svizzera e negli altri Paesi lontani dal territorio d'origine.
Elena Boromeo e Thomas Paggini
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