La differente gestione dell'emergenza coronavirus tra Svizzera e Italia sta creando diversi problemi alla frontiera, dove a partire da lunedì, i flussi di lavoratori provenienti dalla Lombardia sono aumentati di circa il 45% rispetto alla scorsa settimana. Questo perché, in Ticino, hanno iniziato gradualmente a ripartire alcune attività economiche, mentre di là dal confine vige ancora il lockdown più stretto.
RG 08.00del 21.04.20: il servizio di Francesca Calcagno sulla preoccupazione dei sindacati
RSI Info 21.04.2020, 14:05
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La preoccupazione, soprattutto nelle province di Como e Varese finora meno toccate rispetto al resto del Nord Italia, è che i lavoratori si possano contagiare in Svizzera e diffondere il virus in casa propria: è il cosiddetto contagio di ritorno. Un problema che è già stato sollevato dalle organizzazioni sindacali italiane e ticinesi, secondo cui un'apertura delle attività economiche "troppo veloce e vasta" può comportare dei rischi per la salute dei lavoratori.
Frontalieri contagiati
Alcuni frontalieri si sono rivolti all'avvocato varesino Furio Artoni, che nelle scorse settimane ha portato all’attenzione delle autorità italiane e dell’opinione pubblica la mancata regolamentazione riguardante il soggiorno dei lavoratori di confine su suolo svizzero.
Da un punto di vista penale, rientrando da un periodo trascorso all’estero, i frontalieri che durante la settimana dormono in Ticino rischiano di essere imputati di delitto colposo contro la salute pubblica in quanto potenzialmente contagiati, ha evidenziato Artoni nel reportage di Roberto Von Flüe andato in onda lunedì sera su LA1 nello Speciale Coronavirus. La pena, per chi ha soggiornato su suolo elvetico (quindi non per chi va e rientra in giornata), può arrivare fino a 12 anni di carcere, precisa l'avvocato, che tuttavia sulla questione non ha presentato un esposto.
"Ci sono casi di frontalieri che sono risultati positivi al coronavirus. Poi dirvi che l’hanno preso di là, che non l’hanno preso di là, non lo sappiamo, però è chiaro che se un frontaliere parte alle 6.00 del mattino e rientra alle 6.00 di sera in famiglia, non è che è stato in giro al bar, anche perché in Italia è tutto completamente chiuso, e quindi è presumibile che ci sia un’infezione che nasce da là", osserva il legale.
Alcune testimonianze di frontalieri raccolte da Falò raccontano di contagi avvenuti presumibilmente sui luoghi di lavoro in Ticino. Anche alcuni sindaci dei comuni di confine hanno manifestato preoccupazione, come nel caso di Viggiù: "Noi abbiamo più di 1'000 frontalieri su una popolazione di 5'200 persone, quindi ovviamente la preoccupazione è enorme", afferma la sindaca Emanuela Quintiglio, ricordando che molti suoi concittadini lavorano, ad esempio, al Fox Town e in altri centri commerciali.