La Casa dello studente di Bellinzona è l’unica ancora rimasta in tutto il cantone, ma dopo 10 anni di attività ha i giorni contati. Il Governo, infatti, ha deciso di chiuderla definitivamente alla fine dell’anno scolastico. Ma c’è chi non ci sta: 13 granconsiglieri, in rappresentanza di quasi tutti i partiti presenti in Parlamento, hanno inoltrato un’interpellanza, sottolineando l’importanza della struttura e chiedendo di fare marcia indietro.
Quella di Lugano è stata chiusa 12 anni fa, a metà giugno la stessa sorte attende la Casa dello studente di Bellinzona. Ma perché? Il capo della sezione amministrativa del DECS, Giorgio Franchini, ha spiegato la situazione ai microfoni di SEIDISERA, partendo innanzitutto dai numeri. Quando vi era ancora la Casa dello studente di Lugano, erano stati creati 18 posti a Bellinzona. Un anno dopo erano 14, oggi sono 8. “L’anno scorso abbiamo concluso la nostra realtà con 5 studenti - sottolinea Franchini - A me spiace, perché abbiamo investito parecchio. Però, se non abbiamo richieste, abbiamo comunque costi fissi importanti: ad esempio spendiamo 125’000 franchi solo di sorveglianza. Che gli studenti siano 5 o 18, il cuoco lo devo avere”. E così via. Argomenti pragmatici che non convincono però i 13 gran consiglieri firmatari dell’interpellanza inoltrata il 27 marzo. Secondo loro il principio da considerare è un altro e viene prima dei numeri e del denaro. Come spiega alla RSI il primo firmatario, Massimiliano Ay, secondo il quale la Casa dello studente dovrebbe essere concepita come un servizio pubblico. “E un servizio pubblico non è un’azienda che deve per forza fare sempre utili. E se questa Casa dello studente non raggiunge i numeri che il Consiglio di Stato si è posto, allora va rilanciata”, argomenta. “Ricordiamoci che quel servizio serve anche a garantire un diritto allo studio e a evitare che allievi che provengono da zone periferiche abbiano a scegliere il proprio percorso formativo sulla base anche della facilità di avere a disposizione un alloggio”.
Per il DECS, invece, lo spazio di manovra appare esaurito, i tempi sono cambiati. I motivi? Secondo Franchini, da un lato la situazione potrebbe essere cambiata grazie alla rete sempre più capillare del trasporto pubblico. La distribuzione delle scuole a livello di tutto il Canton Ticino può essere un’altra ragione. “La prima Casa dello studente era nata per il liceo di Lugano, quando c’era un solo liceo in tutto il Ticino. Oggi abbiamo 3 licei a Lugano, la Scuola cantonale di commercio e altri licei sparsi sul Cantone. Quindi abbiamo un’offerta maggiore rispetto a quella di diversi anni fa”.
Intanto Massimiliano Ay dice di essere in attesa della risposta all’interpellanza. “Evidentemente a noi non va bene che si risponda: ‘la rete di trasporto pubblico è migliorata negli ultimi anni e dunque possiamo chiudere così di colpo la casa dello studente’”.
La risposta ufficiale giungerà il 14 aprile, alla prossima seduta del Gran Consiglio.