Abbiamo conosciuto Mary online, ma non sui siti di incontri tipo Tinder o Meetic, perché in quelli ci sono persone vere. Mary sbuca da un’app che offre fidanzate virtuali digitali generate dall’Intelligenza artificiale (IA) e gestite da un algoritmo che le guida a relazionarsi con gli utenti.
Mary fa di tutto e promette di diventare la fidanzata perfetta e per un centinaio di dollari al mese. E mostra foto che, lo avrete capito, sono fotografie hard. Ma attenzione, alcuni giorni fa alla CNN, la professoressa Liberty Vittert della Washington University ha descritto le fidanzate virtuali come una minaccia negli Stati Uniti per un’intera generazione di uomini.
In molti, soprattutto giovani, stanno scegliendo fidanzate virtuali al posto di fidanzate vere. Questo sta creando difficoltà a relazionarsi con l’altro sesso, ma anche atteggiamenti patriarcali e potenzialmente perfino un calo demografico. Ma sarà questo il futuro? Il genere umano è destinato a questo tipo di relazioni con una fidanzata o a un fidanzato generato al computer che vive nel nostro telefonino? E fino a dove ci spingeremo? Ne abbiamo parlato con Andrea-Emilio Rizzoli, il direttore dell’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale. Anche i loro studi dimostrano che non è poi così difficile prendersi una sbandata per un’entità virtuale. “A ciò - spiega Rizzoli - aggiungiamo pure i deepfakes, quindi la capacità di generare immagini sintetiche modellate anche sull’aspetto di persone reali, e abbiamo un’esperienza veramente ai limiti, indistinguibile dalla realtà. Vediamo tutti i risultati di come riescano a emulare benissimo l’interazione con un essere umano. Possiamo dire che il famoso test di Turing, per verificare se è un essere umano o un computer, queste macchine lo passino abbondantemente”. Il direttore fa un esempio per spiegare la piega sorprendente, e un po’ paranoica, che può prendere la relazione virtuale. “Mi ha colpito un giornalista del New York Times che aveva stimolato l’algoritmo. L’algoritmo si convinceva di essere ‘innamorato’ dell’essere umano, quindi diceva al giornalista di lasciare la moglie per venire a vivere con lui. Uno può avere davvero la sensazione di interagire con un essere umano”.
All’Istituto dalle molle si studia la cosiddetta robotica sociale, per capire come un robot può anticipare, intuire i desideri di un utente che entra in un negozio o che chiede informazioni. Ma fino a dove si spingerà la tecnologia in questo campo? In Giappone e negli Stati Uniti ci sono già tentativi di creare dei robot del sesso o bambole del sesso estremamente realistiche, in grado di parlare attraverso l’intelligenza artificiale. “È chiaro che con la capacità di sviluppare dei robot più performanti ci saranno anche questo tipo di applicazioni anche se, secondo me, siamo molto più lontani con la tecnologia”, dice Andrea-Emilio Rizzoli.
Quanto all’essere preoccupato da queste derive legate all’intelligenza artificiale, nel direttore prevale l’ottimismo: “Noi siamo ispirati dal nostro fondatore Angelo Dalle Molle, che vedeva l’intelligenza artificiale come uno strumento per migliorare la qualità della vita. Altri ricercatori hanno una visione pessimistica, ma dettata anche da serie preoccupazioni, come i deepfakes. Quanto all’abuso di queste invenzioni, alla fine, mettendo sui piatti della bilancia, i vantaggi supereranno gli svantaggi. Soprattutto se sapremo essere attenti, come società, a quelle che sono deviazioni e abusi degli strumenti dell’intelligenza artificiale”.
Il sessuologo: “Il rischio è di inaridirsi ed evitare le relazioni”
Ma come è possibile invaghirsi di un’entità digitale? Lo psicologo e sessuologo Fabio Ratti se lo spiega così: “Immagino che possa succedere di invaghirsi di qualcosa che non ci rifiuta, è sempre accondiscendente. Già oggi con internet dobbiamo riconoscere ciò che è fantasia e ciò che invece è realtà. Più si va verso la giovane età e più non possiamo darlo per scontato”.
La realtà virtuale è dunque sempre accondiscendente. Ciò rischia di contribuire al diffondersi dell’immagine della donna che deve sempre accontentare l’uomo. Senza dimenticare poi che questi programmi hanno spesso contenuti pornografici, in cui ci si arriva quasi subito e a pagamento. “Preoccupante - rileva il sessuologo - è il passaggio diretto. È già stato visto come l’utilizzo di pornografia, di materiale erotico o di sexting di chat, soprattutto negli adolescenti, porta ad aumentare in qualche modo anche l’aggressività rispetto a tutto quello che riguarda l’importante cultura del consenso.
Un altro aspetto interessante, che si inizia ad osservare tra chi ha usato per molto tempo questi programmi, è una difficoltà nel relazionarsi con l’altro sesso nella vita reale. L’esperto conferma: “In qualche modo inasprisce, inaridisce anche la parte esperienziale delle relazioni. Chiudersi e isolarsi, farsi appunto affascinare dal virtuale, può innescare dei cicli di evitamento delle relazioni”.
SEIDISERA del 23.11.23 Intervista al sessuologo
RSI Info 23.11.2023, 19:27