Ticino e Grigioni

Il terrorista della porta accanto

Marco Toffaloni è stato condannato a 30 anni per la strage di Piazza della Loggia a Brescia ma vive tranquillo nei Grigioni. “No comment” dalle istituzioni.

  • 9 aprile, 10:16
  • 9 aprile, 14:13
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I ragazzi della strage di Brescia

Falò 08.04.2025, 20:45

Di: Marco Tagliabue/Falò 

“È vergognoso che lui non sia venuto nemmeno a un’udienza”. Manlio Milani scuote la testa amareggiato. Giovedì scorso l’estremista di destra italiano, Marco Toffaloni, è stato condannato in primo grado a 30 anni di reclusione per la strage di Piazza della Loggia a Brescia: era il 28 maggio 1974. Sarebbe stato lui a piazzare la bomba durante un comizio sindacale. L’esplosione tra la folla provoca 8 vittime, compresa la moglie di Milani, secondo cui “la presenza di Toffaloni sarebbe stato un segno di rispetto per i morti, 50 anni dopo”. Il terrorista non si è mai presentato a difendersi in dibattimento e fornire la sua versione dei fatti. Dopo la condanna non andrà in carcere.

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Manlio Milani

  • RSI

Oggi Marco Toffaloni è cittadino svizzero e vive come un tranquillo pensionato a Landqart nel Canton Grigioni. Non ha mai collaborato con gli inquirenti italiani nemmeno quando nel 2014 vengono a Berna nella sede della Polizia Federale per interrogarlo: si avvale della facoltà di non rispondere.

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La sentenza di condanna nei confronti di Toffaloni

Toffaloni è minorenne quando, nel 1974, milita in Ordine Nuovo, formazione eversiva e clandestina. È processato, per ricostituzione del partito fascista, assieme ad altri 118 militanti ed assolto per insufficienza di prove. Vittorio Occorsio, il magistrato che li aveva incriminati, viene trucidato a mitragliate pochi mesi dopo dall’estremista Pierluigi Concutelli.

Siamo all’inizio degli anni ‘80. Toffaloni si rifugia in Svizzera, a Merihausen, Canton Sciaffusa.  Si sposa e diventa cittadino elvetico, acquisendo il cognome tedesco della moglie. “Lo ha fatto per trovare lavoro” dirà la moglie qualche anno dopo, interrogata dai magistrati italiani. Oggi lei non rilascia dichiarazioni ma un loro amico che in quel periodo li frequentava ricorda che “Toffaloni non ha mai praticamente lavorato, è sempre stato in carico dell’assistenza. L’impressione è che si nascondesse, era paranoico”.

Nel 1989 la polizia svizzera su rogatoria italiana irrompe nella casa di Toffaloni. Lo arresta per alcuni attentati incendiari. Sequestrano materiale di propaganda neonazista. Verrà processato in Italia e poi assolto. Non sappiamo quali procedure siano state seguite per la sua naturalizzazione. Il Municipio di Merihausen non risponde alle nostre domande.

“Oggi non sarebbe possibile” dichiara il portavoce della SEM Nicolas Cercle: ”La naturalizzazione si può annullare anche anni dopo, se la persona non ha dichiarato i suoi sospesi con la giustizia”. 

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Uno scatto subito dopo l'attentato: Toffaloni (nel cerchio rosso) era tra la folla

La manifestazione di Brescia del 28 maggio 74, durante la quale scoppia la bomba, viene organizzata dai sindacati contro la violenza neofascista che nelle settimane precedenti sta insanguinando città. Le prove a carico di Toffaloni, portate al processo, sono schiaccianti. Tra di esse, la testimonianza di Gianpaolo Stimamiglio, un collaboratore di giustizia ex militante di Ordine Nuovo, che incontra Toffaloni in vacanza in Italia, alla fine degli anni ‘80. “Lui mi ha detto con orgoglio che quel giorno era in Piazza della Loggia”, racconta. Gli inquirenti passano al setaccio tutte le fotografie e rintracciano Toffaloni tra la folla: è la prova decisiva.

“Il reato per noi è prescritto” è la risposta dell’ufficio Federale di giustizia alle sollecitazioni dei giudici italiani. Anche in caso di condanna definitiva, infatti, Toffaloni non verrà consegnato: come cittadino svizzero, la legge non lo consente.

“Non possiamo affermare che la Svizzera protegga un terrorista!” sostiene il consigliere agli Stati Carlo Sommaruga: “In realtà ci troviamo davanti a un personaggio che ha approfittato del nostro sistema per sottrarsi alla giustizia italiana, Ha vissuto sulle spalle dei contribuenti, senza lavorare e rimanendo sempre in assistenza: non c’è motivo che rimanga svizzero”. Sommaruga il 21 marzo scorso ha quindi depositato una interrogazione al Consiglio federale per revocare la naturalizzazione di Marco Toffaloni: una procedura rara applicata finora solo in casi di terrorismo di matrice islamica.

“Ci sono state cinque revoche della cittadinanza svizzera negli ultimi sette anni ma il procedimento richiede anni”, chiosa Nicolas Cercle, portavoce della SEM.

Nel frattempo, Toffaloni si aggira indisturbato per le vie di Landqart. Il Municipio ha deciso di non commentare.

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Impossibile estradare Toffaloni?

Alphaville 08.04.2025, 12:35

  • iStock
  • Cristina Artoni
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