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Uno stragista a Landquart?

Mauro Toffaloni, presunto autore materiale della Strage di Piazza della Loggia, vive nei Grigioni ed è oggi un cittadino svizzero - Era il 1974, una bomba neofascista a Brescia provocò 8 morti e 102 feriti

  • 8 marzo, 10:18
  • 12 settembre, 12:07
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Uno stragista a Landquart?

Falò 07.03.2024, 21:25

Di: Marco Tagliabue e Maria Roselli 

Piove forte a Brescia martedì 28 maggio 1974. “ Pioggia fascista” grida Livia Bottardi al marito, Manlio Milani. Lei teme che il maltempo possa impedire una partecipazione di massa alla manifestazione organizzata dai sindacati. Sono giorni pieni di tensione. Da mesi la loro città è colpita da attentati dinamitardi. La matrice è quella della destra eversiva. “Ma eravamo sicuri che non ci si sarebbe successo nulla, non quel giorno” ricorda Milani ai microfoni della RSI. La Piazza è infatti piena già dal mattino presto. Ci si mobilita contro quella violenza neofascista. La bomba nascosta in un cestino della spazzatura sotto i portici rinascimentali del centro città esplode alle 10.12 durante il comizio del sindacalista Franco Castrezzati.[1]

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Il momento dell'esplosione

Una registrazione audio della sua voce interrotta da un boato è la testimonianza storica unica di un’attentato avvenuto in diretta.

Ricorda Milani: “ Mi sono attardato a parlare con un amico. Livia ha fatto solo in tempo a voltarsi per cercarmi tra la folla e sorridermi. Poi l’esplosione”. Sul selciato che si riempe di sangue, rimangono esanimi otto corpi martoriati tra cui quello della sua Livia e alcuni loro amici, tutti insegnanti. [2]

Una fotografia immortala il loro ultimo abbraccio[3].

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Una fotografia scattata subito dopo l'esplosione

I Grigioni e il passato ingombrante del presunto esecutore

A distanza di 50 anni, giovedì mattina al Tribunale dei Minorenni di Brescia si è aperta la prima udienza* del processo contro Marco Toffaloni, all’epoca dei fatti appena 17enne. L’accusa è terrorismo e strage: è lui ad aver messo quella bomba nel cestino, secondo le indagini. Ma Toffaloni non si è presentato in aula.

Vive da oltre 30 anni in Svizzera, nel completo anonimato, si è naturalizzato ed ha cambiato cognome. Marco Tagliabue e Maria Roselli per Falò si sono messi sulle sue tracce che si emergono tra Schaffausen, Zurigo ed infine Landquart, nei Grigioni dove Toffaloni ha saputo nascondere il suo passato ingombrante.

Membro fin da giovanissimo di Ordine Nuovo, la formazione terroristica neofascista degli anni 70, coinvolto più volte in inchieste sull’eversione nera in Italia, il presunto stragista non risulta abbia lavorato negli ultimi anni e chi l’ha conosciuto ne tratteggia un profilo di personaggio misterioso e con interessi per l’esoterismo.

Al citofono di casa e al telefono non risponde, le tapparelle sono abbassate anche di giorno, i vicini lo vedono raramente in paese e comunque mai nelle ultime settimane.

“Non ho sentimenti di vendetta, vorrei solo poter parlare con lui e chiedergli il perché”. Manlio non perde la speranza di potersi confrontare con Marco Toffaloni.

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Manlio Milani davanti alle telecamere di Falò

  • RSI

Il coinvolgimento di Toffaloni nell’attentato risulta da una lunga inchiesta nata nel 2012, grazie alle testimonianze di un ex ordinovista, Pierpaolo Stimamiglio a cui Toffaloni avrebbe confessato di essere stato in Piazza il giorno dell’attentato. Il riscontro più evidente è invece una fotografia che lo immortala tra la folla attorno a un manifestante che piange il fratello morto.

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Dopo l'attentato

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Marco Toffaloni

Dopo 50 anni, 17 processi e centinaia di udienze, c’è un solo condannato in carcere all’ergastolo, Maurizio Tramonte, gli altri sono tutti morti. Per Manlio, 86 anni, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime questa è l’ultima possibilità per trovare verità e pace, lo ripete davanti agli studenti della scuola dove sua moglie Livia ha insegnato. “ All’epoca, Toffaloni aveva la vostra età, solo 17 anni, il suo destino è nelle sue mani”.

Toffaloni, oggi 67enne, rischia fino a 20 anni di carcere.

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Manlio Milani davanti agli studenti

*Il processo, riferiscono i media italiani, nel frattempo ha fatto un altro passo indietro. I giudici hanno deciso di riportarlo all’udienza preliminare, scelta è frutto di un errore tecnico ed è maturata dopo che nella scorsa udienza il giudice aveva deciso per il rinvio a giudizio senza però far discutere le parti.

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