Il voto del 23 novembre del Gran Consiglio ticinese, su quella che qualcuno in Italia ha ribattezzato "legge anti burqa", ha impresso un'accelerazione ad un'ordinanza simile votata lo scorso anno dal Consiglio comunale di Varese.
A renderlo noto è Piero Galparoli, municipale di Forza Italia, secondo il quale "il Ticino ha fatto scuola su questo tema", a tal punto che il testo ticinese potrebbe essere preso in esame anche da altri Comuni lombardi. In Italia esiste già una legge che impedisce di coprirsi il volto in luoghi pubblici, non a caso l'ordinanza varesina è stata bollata a sinistra come "strumentale, propagandistica ed elettorale".
L'iter, dopo il voto in Municipio, prevede ora la firma del Prefetto di Varese, Giorgio Zanzi, che si troverebbe a dare il via libera, o rifiutare, una legge che ha carattere di "emergenza". Nella città simbolo della Lega Nord, che il prossimo anno andrà al voto per la prima volta dopo 20 anni senza un candidato non "padano D.O.C.", abitanti e commercianti non sembrano particolarmente preoccupati di chi copre il volto perché è raro osservare veli o niqab, tantomeno burqa, ma proprio per questo ritengono che il provvedimento "non scontenti nessuno", che comunque visto quanto accade in Europa è un punto a favore della sicurezza. A dirlo sono anche persone di fede musulmana, ormai integrate nella regione.
Il Ticino fa scuola dunque, ed oltre confine è stato seguito molto anche il dibattito circa le possibili ricadute nel comparto turistico e alberghiero, aspetto che tocca relativamente la città di Varese. Si attende ora solo la decisione del Prefetto, che potrebbe aprire il dibattito in altri Comuni italiani guidati politicamente dal centrodestra.
Simone Della Ripa