Ticino e Grigioni

La lotta contro il Long Covid, a cinque anni dalla pandemia

Storie e testimonianze di chi subisce ancora la malattia e i suoi effetti, tra crolli, stanchezza perenne e, anche, depressione - E se arrivasse una nuova epidemia?

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Long Covid, un’eredità pesante

Falò 26.02.2025, 09:08

Di: Paola Santangelo/Falò 

25 febbraio 2020. Sono passati 5 anni dal paziente zero, ricoverato alla clinica Moncucco di Lugano per Covid. In pochissimo tempo, la sanità ticinese viene messa sotto pressione. Si apre un periodo di grande incertezza e il governo elvetico mette in atto misure straordinarie come il lockdown e il confinamento. Il Ticino fa da apripista: all’inizio, Berna non comprende subito l’emergenza sanitaria. “Ci ridevano addosso quando chiedevamo misure di controllo alle frontiere, quando chiedevamo misure urgenti” dichiara Raffaele De Rosa, direttore del DSS, intervistato da Falò. “Nelle prime due ondate, abbiamo avuto nell’arco di sei mesi quasi 1000 morti” ricorda per parte sua il medico cantonale Giorgio Merlani.

Oggi si muore ancora di Covid, ma sono casi rari. Il virus si è infatti indebolito, senza tuttavia scomparire. E poi ci sono i malati di Long Covid che, dopo il contagio da coronavirus, non si sono più ristabiliti. A soffrire di questa sindrome, per la quale non esistono terapie risolutive, ci sarebbero centinaia di migliaia di persone in Svizzera: si tratta di una stima perché l’Ufficio federale della sanità pubblica non tiene statistiche.

Stanchezza perenne e confusione mentale: i sintomi del “long covid”

Katja vive a Mesocco, ex consulente bancaria, amante dei viaggi, ora conduce una vita appartata. “Mi trovo spesso sul divano, proprio per riposare, per non pensare a niente, con le tapparelle un po’ abbassate”, spiega ai nostri microfoni. “La stanchezza è infatti uno dei sintomi caratteristici del Long Covid” sottolinea il dottor Pietro Antonini, che attualmente segue una cinquantina di malati. “L’altro – continua il medico – è la confusione mentale. I pazienti si sentono come estraniati, fanno fatica a concentrarsi”.

Le mie batterie non si caricano più al 100%; devo programmare tutto per non andare oltre il limite

Katja, Persona affetta da long covid

Una situazione in cui è precipitato José, ex dipendente FFS: “Ero in ufficio seduto davanti al computer ed ero come una mummia”. José, a tre anni dalla pensione, viene posto in congedo malattia: il suo contratto lo tutela. Katja invece perde il lavoro perché non riesce più a rendere come prima. Come tutti i malati di Long Covid, soffre infatti di un’intolleranza allo sforzo che può causare dei “crash”, ossia dei crolli anche gravi. “Vuol dire – spiega la ex consulente bancaria – che le mie batterie non si caricano più al 100% e devo programmare tutto per non andare oltre il limite”.

Anche Miriam ha avuto diverse esperienze di “crolli”. Soffre di un Long Covid molto debilitante: il virus le ha causato una grave malattia neuro-immunologica. “In effetti ora devo reinventarmi – afferma la donna alla RSI – trovare una nuova voglia di vivere, con hobby compatibili con i miei limiti energetici”. Ex manager di una società di assicurazioni, Miriam ha dichiarato il suo caso all’assicurazione invalidità più di due anni fa. A dicembre è stata convocata per una serie di perizie mediche, per valutare la concessione di una rendita. Le prime visite l’hanno prostrata e intanto deve vivere coi suoi risparmi.

Per l’avvocato Sebastian Lorentz, che rappresenta diversi malati di Long Covid: “Gli uffici dell’AI hanno difficoltà a classificare il quadro clinico del Long Covid e questo comporta ritardi nelle procedure”. Troppo spesso, infatti, medici e compagnie di assicurazione ritengono che la malattia possa essere superata con un ragionevole sforzo di volontà, uno schiaffo per le persone colpite. Per il dottor Antonini “Il fatto che non esiste ancora un test diagnostico e che la malattia sia difficile da definire ha la sua importanza. I malati fanno fatica a vedersi riconosciuti e questo può avere ripercussioni finanziarie”.

Anche Katja ha chiesto la concessione di una rendita di invalidità. L’AI l’ha convocata per una serie di perizie da svolgersi a 180 chilometri da casa. “Mi preoccupo non per le visite mediche, ma per il dopo, perché ci sarà probabilmente un peggioramento dei sintomi, un crash”. E infatti, dopo il primo giorno, Katja viene ricoverata al pronto soccorso perché si sente male. Ora vive con la madre ed è in attesa di una risposta dall’AI.

La depressione oltre alla malattia

Solo recentemente l’ufficio delle assicurazioni sociali ha pubblicato uno studio sulle persone affette da Long Covid che, per sua stessa ammissione, colma una lacuna. Sono 2’900 i malati che fino al 2023 hanno richiesto una rendita: a riceverla è stato il 12 per cento. Il Long Covid ha causato a José una forte depressione. “Non riuscivo più a interagire neppure coi miei famigliari. Mi vedevo una volta fare sport, andare in bici e adesso essere qui sul divano come una larva”.

Intanto, in attesa che si trovino terapie adeguate, ci si interroga sulla possibilità non tanto remota di nuove pandemie. “La storia dell’umanità è sempre stata confrontata con malattie che hanno causato grandi sofferenze. Sono sicuro che altre ne arriveranno. Spero che la popolazione abbia ancora la forza e la voglia di affrontarle” è l’auspicio del medico cantonale, Giorgio Merlani, che però si dice anche preoccupato: “Se arrivasse qualcosa nei prossimi mesi, penso che non ci sarebbe più nessuno disposto a fare nulla, con quello che abbiamo appena passato”.

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