Lo scavo della prima canna della galleria del Ceneri terminerà con un anno d’anticipo. Ma un'inchiesta di Falò, andata in onda su LA 1 giovedì sera, ha raccolto numerose testimonianze che gettano una luce inquietante sui metodi di lavoro impiegati sul cantiere dalle ditte appaltatrici.
Alcuni operai hanno parlato di condizioni di lavoro paragonabili ai "lavori forzati", con temperature altissime, mancato ricircolo dell'aria e impianti elettrici fuori norma. Tutto questo ha causato numerosi incidenti e malori.
Ma non solo. Al di là delle condizioni di lavoro, si parla anche di mancata osservanza dei corretti processi di costruzione e, soprattutto, carenze dei controlli durante i lavori notturni.
"Nella canna sud est, dal dicembre 2012 all'aprile 2013 — racconta un testimone — sono stati fatti lavori di ripristino a 600 metri di galleria: si erano formate delle crepe e il foro del tunnel si chiudeva. Avevano messo male le centine (supporti che mantengono in posizione il cemento che ricopre la galleria stessa, ndr.) e quando la direzione lavori se n'è accorta, invece di sostituirle le hanno tagliate e ci hanno messo sopra il beton per non farlo notare". Tutto questo, secondo quanto raccolto dai colleghi, per risparmiare tempo e materiale.
"Ma il colmo è che non è stato riconosciuto il dolo, il ripristino l'ha pagato AlpTransit, che non ha fatto i controlli. Tutto questo avveniva di notte". In studio erano stati invitati la Pini engineering (direzione lavori), che ha declinato l'invito dopo aver parlato con AlpTransit; la Condotte Cossi (che ha inviato un documento scritto) e l'organo di controllo federale sulla Nuova trasversale alpina, il cui direttore, dopo aver scritto sempre ad AlpTransit San Gottardo SA, tramite un messaggio di posta elettronica ha informato la redazione che non aveva nessuna informazione da aggiungere.
L'articolata inchiesta fa inoltre emergere i retroscena degli appalti per la costruzione grezza e la tecnica ferroviaria.
RedMM